Di un’altra vigna parla ai sacerdoti
e agli anziani del popolo il Signore.
Ecco un uomo, due figli. Ordini vuoti
d’andare a lavorare dà al maggiore:
fa per andare e per sentieri ignoti
si perde. Gli stessi ordini al minore
che risponde di no. Pensieri immoti,
poi il pentimento vince dentro il cuore
e ci va. Per le pecore perdute,
per i più erranti, per i più lontani,
per chi si sente privo di salute
opera Cristo grazie a piene mani.
Così passano avanti pubblicani,
infami, disonesti, prostitute.
Casalecchio di Reno (Bologna), 27 settembre 2020
Un’altra vigna, quella del popolo di Dio, della Chiesa, in cui tutti noi siamo chiamati a operare senza stancarci mai. Gesù ci chiama per nome, ci domanda di andare a lavorare solleciti per il Regno di Dio, e a noi spetta la risposta. Come Maria dovremmo rispondere subito, senza paura e senza indugio: «Sì!». Qualcuno lo fa, ma poi si smarrisce per strada, non solo per malavoglia o per opportunità. Il mondo, la vita di tutti i giorni, distraggono, portano lontano dalla vigna del Signore. La misericordia di Dio però, è grande e ogni giorno si fa presente alla nostra coscienza per ricordarci la chiamata. Gesù è venuto per le pecore smarrite, non per le altre; è venuto per i malati, non per i sani. Allo stesso modo, alle volte capita che non vogliamo ascoltare la voce che ci chiama e rifiutiamo. Poi la luce divina ci illumina e ci riconduce alla verità delle cose. Il Signore ci aspetta, non ci giudica, ma ha pazienza con noi. Il padre conosce i suoi figli e li guida, come il buon Pastore, per pascoli erbosi. Non mancano le ombre, le difficoltà; ma, se le pecore sapessero fare da sole, a che cosa servirebbe il Pastore? La Chiesa è l’ambito in cui si esplica l’amore per tutte le pecore, soprattutto per quelle al di fuori del recinto. Gesù si serve di noi per costruire le sue vie, per i suoi progetti. Non bisogna lasciarci sfiduciare: tutto sembra concorrere per dissuaderci, ma la battaglia spirituale è la stessa che Gesù ha combattuto nella sua carne, perché non ha considerato un tesoro geloso, una rapina, la sua uguaglianza con Dio. Non possiamo non essere grati per il dono che quotidianamente ci viene elargito. Siamo salvati non per i nostri meriti, ma per la grazia sovrabbondante che ci invita alle opere del Signore. Non abbiamo paura della realtà e della nostra debolezza: sarà Gesù la nostra forza, perché noi viviamo per lui e moriamo per lui. L’urgenza che ci spinge a ritornare a lui ci deve spingere a vivere come se fossimo ogni istante davanti al tabernacolo, davanti al Santissimo Sacramento dell’altare. La Messa è il miracolo più grande che ci è donato per lavorare instancabilmente per il Regno.
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