Ti loderò, mio Dio, con cuore grato,
perché nel tuo mirabile disegno
ai piccoli nel mondo hai rivelato
i misteri ineffabili del regno,
ai semplici ti sei manifestato,
al di là d’ogni enigma, d’ogni segno,
come vera presenza nel creato
di speranza, d’amore, di sostegno.
Ti loderò, mio Dio, quando m’inciampo
nella tua perla oppure nel tesoro
ritrovato per caso nel tuo campo
in quell’interminabile lavoro
che quasi non sembrava darmi scampo
e canterò in eterno nel tuo coro.
Casalecchio di Reno (Bologna), 26 luglio 2020
Un tesoro prezioso nascosto nel campo: a questo somiglia il Regno dei cieli. Un uomo lo trova, lo nasconde, vende ogni altro suo tesoro e acquista quel campo. Il significato più immediato sta nel riconoscere in quell’uomo ogni uomo che ha trovato il senso di tutta la sua vita, Gesù stesso, e per poterne godere in eterno, rinuncia a ogni altro suo bene. È la ricerca della nostra gioia, della gioia più vera. Eppure, in questa parabola si vela anche l’amore di Dio per noi, pronto a tutto: se Gesù stesso è quel mercante, ha scoperto nel campo del nostro cuore il tesoro più prezioso, ha rinunciato agli altri tesori che possedeva, incarnandosi, e ha acquistato a prezzo della propria vita non solo il tesoro, ma pure quel campo. C’è una reciprocità: chi cerca Dio lo ha già trovato, perché anche Dio lo cercava. Così allora nasce il Regno, dal Signore che cerca e che trova ciò che di più prezioso esiste. Nella ricerca di ogni giorno anche l’uomo deve scegliere tra le vanità del piccolo campo in cui vive e solo quando trova il tesoro della vita può ritenersi felice. Allo stesso modo, Gesù ci spiega che il Regno è simile non alla perla, ma al mercante che trova una perla molto preziosa e fa di tutto per averla. Il mestiere del mercante è quello di trovare perle. Gesù cerca ogni singolo uomo per poterlo riacquistare, per tenerlo con sé per sempre. Quest’esempio deve dare forma a tutta la nostra vita, perché è la vita stessa di chi si è definito la vita. È così che nasce il vero Regno dei cieli, con qualcuno che ci viene a cercare e fa di tutto per strapparci ad altri mercanti spietati e senza scrupoli. È una lotta continua, una fatica, che tuttavia giunge al lieto fine. Ma il Regno è simile anche a una rete gettata nel mare. Non più il campo, quindi, ma il mare, simbolo di sopravvivenza e di pericolo per i pescatori. Il Signore si è proprio voluto circondare di pescatori che usano la rete. Non si fanno distinzioni: nella rete si trovano pesci buoni e pesci cattivi. Come nella parabola del grano e della zizzania, l’atto conclusivo è però la separazione tra i pesci buoni e quelli cattivi. La rete è gettata per tutti, ma non tutti si trovano nella stessa condizione. La Chiesa in fondo è quella rete, i pescatori i ministri di Dio che operano per la salvezza di tutti, anche se il giudizio finale spetta solo al padrone della pesca. Pure in questo caso la rete potrebbe essere Gesù, la verità che illumina le profondità tenebrose del mare, facendo emergere ogni cosa. Bisogna tuttavia farsi trovare pronti, essere preziosi come il tesoro e la perla.Copyright testi (C) Federico Cinti 2020
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