Muta la piazza. La città degli uomini
un insueto miraggio in lontananza,
altrove, sprofondata nel silenzio
del cuore. Un senso vano nel ricordo
il sole tra i mattoni, lama lucida
tra gli spigoli aguzzi, dove il tempo
fa il nido coi piccioni. Nel socchiudere
gli occhi un brivido trema, ombre di giorni
in un’eco lunghissima. Domandano
le cose una risposta. Il vuoto incombe,
senza motivo langue. Tra le nuvole
libere va il pensiero ad altri azzurri
lastricati di gioie. Un’aria tiepida
scioglie questa durezza, abbraccio tetro
di un’epoca che soffoca dimentica
la verità. Sorridono tra i vetri
guizzi d’occhi invisibili nel tenue
bagliore sulla via. Sul ciglio il prato
fiorisce di speranze. Nell’inerzia
non termina sul limite la corsa.
Dolce il colore che s’insinua tenue
nell’anima. Le doglie di una nuova
creazione s’affacciano alla soglia.
Più non saremo ciò che siamo stati.
Casalecchio di Reno (Bologna), 23 marzo 2020
In questo tempo di clausura, in cui tutto giunge alle
nostre orecchie come un’eco lontanissima, ombra di un’ombra nel ricordo di ciò
che non è più, un miraggio si manifesta, desiderio di tornare a una normalità
che nemmeno prima ci apparteneva. Tutto doveva trovare una battuta d’arresto,
come la pausa in una canzone, per poi ricominciare non come prima, ma meglio di
prima, perché il crogiuolo che si vive serve a raffinare, a depurare. Una parte
di noi, quella più vecchia e incrostata, deve lasciare il posto alla farfalla
pronta a liberarsi e a librarsi in un mondo più sereno. Bisogna confidare che
la via riprenda secondo il disegno di chi ha tracciato la strada: solo in
questo modo le storture verranno raddrizzate, solo così le montagne saranno
appianate. Le nostre città torneranno più belle di prima, perché le guarderemo
con occhi semplici, quelli dei bambini, che vedono tutto per la prima volta
nello stupore innanzi a sé. Il silenzio
delle nostre piazze servirà a rendere più sereno il saluto, quando ci rivedremo
senza più timore, senza più paura. La primavera è alle porte: il sole splende
come una carezza dolce.
Copyright testi e immagine (C) Federico Cinti 2020