Lazzaro è in agonia. Gesù è lontano
da Betania. Lo mandano a chiamare
Marta e Maria, le sue sorelle. Invano
nel loro cuore sembrano sperare:
il Signore si trova oltre il Giordano.
Muore Lazzaro, nulla si può fare
ormai. Giunge Gesù. Quel morbo insano
lo ha addormentato. È inutile pregare.
Piange Gesù: gli si fa triste il cuore.
Lui è la via, la vita oltre la morte,
è lui la verità, lui il Redentore.
Chiama il suo amico, che esce dalle porte
del sepolcro da cui manda già odore:
glorificare il Padre è la sua sorte.
Casalecchio di Reno (Bologna), 29 marzo 2020
In ognuno di noi vi è un Lazzaro che deve uscire
dal sepolcro che manda già odore per glorificare Dio, il Signore della vita
vera. L’immagine dell’infermità di questo amico di Gesù è in fondo lo specchio
in cui tutti noi ci troviamo in qualche momento della vita. Se è vero che il
racconto può avere in filigrana la
simbologia battesimale per cui il catecumeno viene chiamato fuori dal sepolcro
d’acqua, come il mondo alla creazione, al principio del tempo, viene sciolto e
slegato per essere una creatura nuova, come dopo le doglie del parto s’esce dal
liquido amniotico e si vede la luce, è altrettanto vero che in questo brano del
quarto Vangelo è descritta perfettamente la nostra vita che anela costantemente
alla risurrezione verso la verità e la via, che è Gesù stesso. Il Signore si
trovava lontano, oltre il Giordano, e Lazzaro si era ammalato, a dire che
lontani dal Salvatore non si sta bene, anche se si è suoi amici. Eppure,
attraverso la preghiera e la fede è possibile ritornare allo stato di grazia
originario, si può tornare a rivedere il senso vero delle cose, perché Gesù
piange per noi d’un amore vero e immenso. in questo la figura di Lazzaro porta
a compimento il percorso che, iniziato dalla Trasfigurazione, in cui Gesù si è
mostrato per chi veramente è e per quello che veramente noi saremo, passa
attraverso l’acqua della samaritana, in cui la sete naturale si sazia solo con
quella soprannaturale di Cristo, che ci attende, anch’egli assetato di noi,
alla luce del cieco che ora si è liberato da tutti gli orpelli che lo
opprimevano per rinascere alla vita nuova, alla vita vera. Il Lazzaro mortale è
destinato alla consunzione della carne, ma il nuovo Lazzaro, quello vivificato
dalla potenza del Redentore è già pronto per l’eternità. In questo Gesù ci
ammonisce a non disperare mai, a pregare sempre, ad affidarci solo a lui e alla
Chiesa, suo corpo mistico. Il percorso della salvezza culmina non nella morte e
crocifissione del Signore, ma nella sua risurrezione, preludio alla nuova
creazione.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2020
Immagine tratta dal web
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