Due figli e un padre dall’immenso amore
per entrambi: ecco il piccolo che vuole
tutto quello che è suo, mentre il maggiore
resta a casa così, senza parole,
col padre, sì, ma come servitore.
Parte il piccolo, al sorgere del sole:
vive da dissoluto, senza cuore
per chi l’ama davvero e non si duole.
Sperpera tutto; poi la carestia,
la fame atroce, il tardo pentimento
lo aiutano a tornare sulla via
della giustizia. Il padre ne è contento,
lo accoglie in festa. Il grande tutto spia,
pieno d’invidia e di risentimento.
Casalecchio di Reno (Bologna), 31 marzo 2019
Nella
domenica Laetare, in cui la liturgia
ci invita alla gioia per l’imminente Resurrezione del Signore, il vangelo di
Luca pone alla nostra riflessione la figura del padre misericordioso che
accetta, probabilmente suo malgrado, anche se il testo non ce lo dice, che il figlio minore prenda la sua parte di
eredità, come se il padre fosse già morto, per andarsela a spassare lontano da
casa. È quello che di solito definiamo il figliol prodigo, proprio perché
sperpera e scialacqua tutti i beni che ha ricevuto gratuitamente. Ma le cose
alle volte vanno in modo diverso da come si progetta e il figlio, dopo aver
speso tutto, si ritrova in carestia, a fare la fame e a sottomettersi a
mestieri immondi per l’epoca. Spinto dal bisogno, ritorna in sé e riprende la
via di casa, pronto a diventare un servo del padre, che tuttavia lo accoglie a
braccia aperte come un figlio ritrovato: per questo il padre dà una festa
grandiosa nel suo palazzo in suo onore. Il maggiore, che era a lavorare nei
campi, tornando a casa, sentendo un po’ di trambusto e la musica, chiede a un
servo che cosa stia succedendo e impara che è tornato il fratello minore e per
questo è stata data una festa. Ma non entra. Già, non vuole entrare in casa,
perché ha già giudicato il fratello minore. Il padre esce e tenta di convincerlo,
ma niente: il figlio gli rinfaccia che è stato con lui e lo ha sempre servito.
Già, lo ha sempre servito, ma mai amato veramente forse. La parabola termina
con il padre e il figlio maggiore al di fuori del palazzo in festa, dove è
rientrato il figlio minore pentito e riconciliato. Il padre misericordioso è
pronto a perdonare anche il figlio scapestrato, ma anche il figlio che non lo
ama, ma lo serve per paura o convenienza. Non sappiamo se alla fine il figlio
maggiore sia entrato a palazzo, ma è bello pensare di sì, è bello pensare che l’amore
del padre ha convinto anche il figlio maggiore che non si deve servire, ma
amare per poter entrare a far festa e godere dei beni che nessuno toglierà. Le
parabole, alle volte, non finiscono, perché siamo noi che dobbiamo terminare il
racconto con la nostra vita. Noi siamo un po’ tutti il figlio maggiore e il
figlio minore, perché il padre è Dio, Padre di tutti, che ci dà tutto e ci
aspetta fino all’ultimo nostro giorno. Per questo insisto a parlare di padre
misericordioso, perché è Dio il vero protagonista della parabola e della storia
dell’uomo, e Gesù lo sa bene.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2019
Immagine: Di Guercino - Kunsthistorisches Museum Wien, Bilddatenbank., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4624908- Fonte: Wikipedia
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