Dio ha tanto amato il mondo fino a dare
l’Unigenito Figlio prediletto,
perché chi crede in lui possa salvare
l’anima propria, come aveva detto.
Dio l’ha mandato non per condannare
il mondo, ma perché sia benedetto
nella sua verità, per fargli amare
chi soltanto può renderlo perfetto.
Chi non gli crede già si è condannato,
ha perso l’ineffabile sorriso
dell’eterno Signore che lo ha amato
e starà dal suo Spirito diviso
per sempre, sarà triste, disperato,
perdendo un’altra volta il Paradiso.
Casalecchio di Reno (Bologna), 7 giugno 2020
Nel nome di Gesù si piega
ogni ginocchio, in cielo, sulla terra e sottoterra: con questa certezza
possiamo oggi fissare il Mistero di Dio senza tema di soccombere. Non
giungeremo mai a comprenderlo pienamente, ma l’amore che lega il Figlio al
Padre assieme allo Spirito Santo è incommensurabile. Nell’unità della sostanza
sta la triplicità delle persone. Dio è così dall’eternità, da quando non
esisteva né tempo né spazio. Da sempre Dio è, come è sempre stato e sempre
sarà. In lui s’appaga ogni nostro desiderio. per questo si è incarnato per
rendere visibile il volto di Dio. Ecco che cosa ha visto Mosè sul Sinai. I
nostri limiti non ci permettono di abbracciare completamente questa realtà
ineffabile, ma la dobbiamo credere, perché così ci è stata rivelata. Privilegio
non da poco è custodire questo tesoro di sapienza in un mondo in cui l’uomo, che
non si è fatto da sé, crede di essere l’unico essere a poter determinare ciò
che è vero e ciò che è giusto. Dio ha misericordia di noi ed è venuto per
salvare l’umanità, non per condannarla. Tutto sta in questo: nel riuscire a
intravedere nella semplicità dell’amore di Dio, che noi chiamiamo misericordia,
che noi chiamiamo carità, il principio fondatore di tutto l’universo.
Allontanarsi da questo mirabile dono significa condannarsi da soli e non perché
si vada incontro a chissà che punizioni, bensì perché il nostro animo inquieto
non può appagare il suo bisogno di pacificazione se non nel bene perfetto e
imperituro. Questa è la condanna, questo è l’errare senza una meta nel deserto
della nostra piccolezza. Pretendere che Dio divenga a nostra somiglianza e
uguaglianza per poter trovare una giustificazione alla nostra riottosità, ecco,
questo è il vero peccato. In fondo tutti siamo affamati e assetati di
giustizia. Il Signore soltanto può placare questa arsura con la sua pace. Ci ha
mostrato come, ossia attraverso la croce, l’accettazione della propria
condizione, per vincere la disperazione umana. Da quel patibolo divenuto trono
regale ha effuso il suo Spirito invocando il Padre, in una perfetta concordia
trinitaria. Così è nata la Chiesa, da quell’effusione di sangue e Spirito. In
questo continua il prodigio del giorno di Pasqua per noi che ci chiamiamo
cristiani e figli di Dio.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2020Immagine tratta dal web
Caro Federico, mi limito a commentare il testo di spiegazione allo splendido sonetto.
RispondiEliminaIl fatto che Dio sia "misericordioso, lento all'ira", come dice la prima lettura della Liturgia odierna è, come tu giustamente ricordi, ripreso dal quarto evangelista, quando dice che Gesù non è venuto a giudicare il mondo, ma a salvarlo.
L'eventuale condanna, dunque, non verrebbe da Dio, ma da noi stessi.
La tua riflessione mi fa pensare molto a Sant'Agostino, che spesso ha affermato, nelle Confessioni, che il suo animo non trova pace se non in Dio. È proprio così: nulla ci appaga veramente, tutto è effimero, più abbiamo e più vogliamo. Solo in Dio troviamo la vera pace e l'appagamento interiore.
Grazie sempre per i tuoi spunti che fanno da corollario alle Omelie domenicali.
Rosanna Minei
Il riferimento ad agostino è fin troppo evidente e mi sarei stupito tu non lo avessi riconosciuto. Del resto, ha ragione il vescovo di Ippona a dire che il cuore umano non s'appaga se non in Dio: ne abbiamo un esempio oggi in cui la disperazione è data proprio da questo non essere più con Dio, in dio e per Dio. del resto, chi non sta con Cristo sta poi con quell'altro, di cui non voglio nemmeno fare il nome. Grazie di queste tue parole: sai che non sono un omileta, ma un semplice lettore e provo a dire agli altri quel che ripeto a me.
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