tra le due ali d’un popolo festante:
viene acclamato col più alto onore
come Figlio di Davide trionfante.
Celebra la sua Pasqua il Salvatore
davanti ai propri apostoli zelante:
è l’ora estrema, è l’ora del dolore,
dell’orrendo supplizio più infamante.
Dopo il processo iniquo, con la croce
sulle sue spalle, senza indecisione,
Gesù procede. Il suo è un cammino atroce,
ma volontario: è questa la Passione
del Giusto, è questa la sua morte atroce
che dà agli ingiusti vita e redenzione.
Dopo l’ingresso trionfale in Gerusalemme, nella
città santa, il Signore celebra la Pasqua assieme ai suoi Apostoli: è quello il
momento in cui il vecchio rito viene rinnovato per sempre, in cui Gesù si dona
ai suoi come pane e vino per la salvezza di tutti. È quella l’ora suprema, è
quella l’ora in cui tutto deve compiersi per sempre. Dopo l’ultima cena, il
Signore si ritira sul monte degli Ulivi a pregare il Padre che passi da lui, se
possibile, quel calice. In quegli istanti Gesù si mostra in tutta la sua
umanità fino a sudare sangue. Ma quello è l’impero delle tenebre: una folla di
uomini lo raggiunge, lo circonda e un suo amico lo bacia. Quello è il segno del
riconoscimento e del tradimento. Giuda Iscariota non si fa scrupolo di vendere
il Giusto per pochi denari. Ma è il prezzo del peccato che deve essere lavato
per sempre dal sangue del Salvatore. Il processo è iniquo, le accuse false,
anche il governatore Pilato, il potere politico, resta immobile davanti alla
grandezza di Dio: non prende posizione, non si compromette, non ha a cuore il
bene comune e supremo. La condanna è la pena capitale, è il supplizio della
croce, è il dolore dell’agonia. Tutto sembra finito in quell’ora suprema: la
via della croce porta a un luogo di desolazione, chiamato Calvario, chiamato
Cranio. Gli amici di Gesù lo seguono di lontano; solo Maria, la Madre dei
dolori, è con lui sino alla fine, sin sotto la croce, dove è stato innalzato al
cielo. Giovanni, il discepolo che egli ama, lo raggiunge, ne ascolta le ultime
parole di perdono per chi non sa che cosa stia facendo. Gesù emette il proprio
spirito e il cielo s’oscura, la terra trema, la folla che prima godeva di
quello spettacolo infame cade nell’ombra del rimorso e del pentimento. Anche il
ladrone è stato assolto e chiamato in Paradiso. Anche il centurione riconosce
in quel crocifisso il Figlio di Dio, il cui corpo verrà deposto dalla croce e
messo in un sepolcro da Giuseppe d’Arimatea, come il seme che muore per dare
frutto e risorgere a vita nuova. La morte di Cristo è solo il necessario
passaggio a un’umanità rinnovata, che ritorna come Dio l’aveva creata e voluta.
Gesù muore per noi e per noi risorgerà questa è la nostra certezza
Copyright testi(C) Federico Cinti 2019
Immagine: Entrata di Cristo in Gerusalemme, dipinto a olio del 1617 dal pittore Fiammingo Barocco Anthony van Dyck
Pubblico dominio. Fonte: Wikipedia
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