Obliquo il cielo. L’aria
pesa su tutto. Occidua
la luce che si sfrangia
tra le crepe e gli spigoli
informi delle nuvole.
Tutto è mutato. Un brivido
corre. Serpeggia un’ansia
umida. Tra le foglie
un chiacchiericcio querulo
di nostalgia. L’abbraccio
gelato della pioggia
è il pallido risveglio
da un sogno. Ricomincia
la corsa senza tregua.
Riaffiorano nell’anima
dolcissime memorie.
A quando a quando tenue
un po’ di blu s’insinua
come un sorriso. Il calcolo
dei dadi più non sbaglia.
Casalecchio di Reno (Bologna), 3 settembre 2019
Qualcosa d’impalpabile s’avverte, almeno io lo
avverto, in questi ultimi giorni d’estate. È una sensazione strana, di già
vissuto, di già sentito; eppure, ogni volta mi stupisco. È come superare una
soglia invisibile, quasi che un velo ricoprisse a un tratto tutto quanto. Anche
nella piena arsura si sentiva l’estate dovunque, ma era diverso, perché era
come un’oppressione continua. In questi primi giorni di settembre, invece, c’è
un vago senso di ritorno, un ciclo che ricomincia sempre nuovo. Da qui alla
fine dell’anno sarà sempre così, almeno per me, un intirizzirsi dell’anima. L’autunno
del resto profuma già di una natura in declino, pronta a trasformarsi, a
cambiare colore. Non mi dispiace affatto, anzi: direi che sia uno delle
stagioni più belle dell’anno. Una dolente pervasione di malinconia, questo sì,
si respira, si tocca, si scorge a livello sensoriale. Forse questa è la mia
stagione. Ecco allora che il calcolo dei dadi non fallisce, non delude le
nostre certezze, anche se viviamo in un periodo storico di assurdo relativismo
che giunge a negare la realtà, ogni realtà, segno di fragilità profonda e di
delirio. Ma il calcolo dei dadi non si sbaglia.Copyright testi (C) Federico Cinti 2019
Immagine: dal web
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