L’ultimo posto, l’umile radice
della sapienza. Tutto è già compiuto
nella croce. Parola annunziatrice
quella di Cristo. Il Figlio ha ricevuto
ogni cosa dal Padre. Ce lo dice
con amore Gesù. Senza il suo aiuto
nulla si fa, nessuno è mai felice
davvero nello spirito. Assoluto
è il dono della vita che si vede
come strumento docile alla cena
del Signore dei secoli. La fede
è lume alla ragione nella scena
di questo mondo cupo. Ci precede
nella gioia il Maestro, gioia piena.
Casalecchio di Reno (Bologna), 1 settembre 2019
In ogni situazione della vita il Signore ci ricorda che è l’umiltà la cifra della perfezione: in questo modo, infatti, e solo in questo modo, si ribalta il paradigma della primazia che nel mondo vede i forti, gli spregiudicati, i disonesti al primo posto e i poveri all’ultimo. Eppure, non è un’indicazione semplicemente morale: farsi piccoli significa prendere a modello il Figlio dell’Altissimo che diviene uomo, significa avere sempre dinanzi agli occhi l’esempio di Maria, «umile e alta più che creatura» (Par. XXXIII 2). È uno svuotamento di sé, di quell’io che tanto ingombra e che non permette di scorgere le cose come veramente sono. Il primo a scegliere l’ultimo posto per sé è proprio Gesù che, nonostante la sua divinità, ha patito la croce come via d’umiltà estrema perché avessimo il paradigma concreto del primo posto. Anche Maria, nel suo Magnificat, ricorda che il suo rendimento di grazie a Dio nasce dal fatto che «ha guardato l’umiltà della sua serva». Ecco quindi che nella parabola del banchetto delle nozze, Cristo ci ammonisce a scegliere l’ultimo posto, perché i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi. Non è certo facile, ma è l’unico modo per intraprendere la via della vita e della verità.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2019
Immagini: lalucedimaria.it
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