domenica 5 luglio 2020

Nella quattordicesima domenica del Tempo Ordinario - Anno A - ( Letture: Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30 )

Non ai dotti e ai sapienti il Padre ha dato

d’apprendere e conoscere i misteri

del Regno: in questo il Figlio lo ha lodato

e obbediente ha adempiuto i suoi voleri.

 

Gesù conosce il Padre, egli lo ha amato,

ne condivide gli intimi pensieri:

tutto al Figlio è concesso, tutto è dato

ai suoi fratelli, ai suoi amici veri.

 

Il Cristo è mite e umile di cuore:

chi è affaticato e oppresso dalla vita

in lui trova ristoro, trova amore.

 

Il suo giogo è soave: la salita

verso il monte di Dio dà gioia al cuore,

dolcezza dentro l’anima infinita.

 

Casalecchio di Reno (Bologna), 5 luglio 2020

In Gesù tutta la storia trova il suo senso. La dottrina e la scienza rivelano il loro significato più profondo, anche se non sempre i dotti e gli eruditi sono disposti a cedere su questo piano, quasi volessero affermare il proprio io. Esempio eclatante sono i dottori della legge che indicano a Erode il luogo in cui sarebbe nato il Messia, senza tuttavia muovere un passo per andargli incontro. Il messaggio della grande gioia è affidato ai pastori, persone che nella tradizione giudaica erano collocati all’ultimo posto della gerarchia sociale. Gli ultimi, quindi, i diseredati, i piccoli. Questo concetto di piccolezza permea tutta la storia della salvezza: anche Maria, nell’accettare l’annuncio dell’Angelo dice che il Signore «ha guardato all’umiltà della sua serva». Anche Gesù si definisce «mite e umile di cuore». È in questa umiltà che si ha la maggior grandezza: quando ci si riconosce un nulla, proprio allora il Padre rivela tutto se stesso attraverso il Figlio. È il dono della Chiesa, corpo mistico del Redentore. Ecco allora che la sapienza vera è rivelata ai piccoli, ecco allora che la scienza degli uomini è stoltezza agli occhi di Dio. L’attualità della parola del Vangelo è sconvolgente: in ogni epoca, nella nostra forse anche di più, perché è quella che viviamo, l’allontanamento da Gesù e dalla Chiesa crea l’illusione di autosufficienza che distrugge il cuore dell’uomo. Eppure in tutti noi è scritto, come un codice genetico, il desiderio di Dio, dell’infinito che può appagare ogni nostro bisogno. Essere umili significa farsi poveri in se stessi per accogliere la totalità di Dio. In tal modo il suo giogo è soave e il suo peso è leggero. Nulla pesa, se viene dal Signore. La salvezza nasce proprio dall’accettazione di ciò che siamo e di chi ha voluto che così siamo. È il mistero della croce, della nostra croce,  della nostra unicità. Dio ci ama per quel che siamo, non per quel che non siamo, con le nostre debolezze e le nostre fragilità. Quando riconosciamo di essere un nulla e ci affidiamo a lui, in quel momento siamo sulla via della salvezza. E la via è proprio Gesù, che ci indica il percorso da compiere nella sua verità e nella pienezza della vita.

Copyright testi (C) Federico Cinti 2020

Immagine tratta dal web

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