giovedì 31 ottobre 2019

Premio Letterario Internazionale "Laudato sie, mi' Signore", X edizione 2019




Ringrazio la giuria del Premio Letterario Internazionale "Laudato sie, mi' Signore", X edizione 2019 che mi ha assegnato la menzione d'onore con tanto d'attestato e di medaglia. In particolare il mio ringraziamento va a Fulvia Marconi, presidente del Premio.

Di seguito il testo:

FRANCESCO D’ASSISI

Nel nome di Gesù che ti ha voluto
segno vivo di gioia e di speranza
per la Chiesa, Francesco, sei cresciuto
in piena povertà nell’abbondanza

dell’amore invincibile, assoluto
del Creatore che tutto sopravanza,
proprio come Gesù sei divenuto
sorgente d’acqua vivida, fragranza

di carità, serafico splendore
nell’annuncio sereno del Vangelo
a tutte le creature del Signore,

e chi segue l’esempio del tuo zelo
sente fiorirsi una dolcezza in cuore,
ineffabile anticipo del cielo.

Casalecchio di Reno,  31 ottobre 2019
 Copyright testi e immagini (C) Federico Cinti 2019

domenica 27 ottobre 2019

Nella trentesima domenica del tempo ordinario - Anno C - ( Letture: Sir 35, 15-17.20-22 Sal 33; 2 Tm 4,6-8.16-18; Lc 18, 9-14)

In un'altra parabola il Signore
parla di un fariseo e di un pubblicano
nel tempio. Il primo dice che è il migliore
in ogni singolo atto quotidiano

rispetto a chi è soltanto un peccatore
e vive muore soffre sempre invano;
l'altro rimane in fondo, nel dolore,
a capo chino, con il cuore in mano,

confessando ogni minimo peccato.
Il primo se ne va senza sapere
stolto che Dio non lo ha giustificato,

perché si esalta nelle sue preghiere;
l'altro, che si è umiliato, ora è esaltato
in Dio ed è pronto a fare il suo volere.

Casalecchio di Reno (Bologna), 27 ottobre 2019
In una parabola evangelica i protagonisti sono un fariseo zelante e un pubblicano pentito. Entrambi salgono al tempio di Gerusalemme per pregare. Il Signore ci tiene a sottolineare la bontà del gesto di questi due uomini, che non si sottraggono alla preghiera; anzi, cercano conforto in essa, perché solo nella preghiera si trova Dio e con lui è possibile entrare in rapporto. Il primo dei due sceglie un posto in cui tutti lo possano vedere, si mette dritto impettito, quasi che tutti possano leggere il suo labiale. Gesù legge nel suo cuore, ascolta le sue parole, riferisce i suoi pensieri. È un brav’uomo, perché segue tutti i precetti mosaici con cura scrupolosa. Quello è il suo vanto, sentirsi la coscienza apposto davanti al Signore e davanti agli uomini. Di fatto, tuttavia, non fa che applicare la legge, quasi che essa fosse il fine e non il mezzo per abbracciare completamente l’amore di Dio. La legge è stata data agli uomini per la loro durezza di cuore, ma Gesù è venuto a rivestirla dell’amore vero, del suo amore. Il fariseo fa cose giuste, ma solo per adempiere a un dovere e ama Dio nella misura in cui gli permette di compiacersi davanti a sé e agli altri. È pacificato in questo, ma non reso giusto, non giustificato, perché la radice del peccato è l’orgoglio. Il fariseo monta in superbia e si crede superiore a tutti, anche al pubblicano che ha alle spalle, che invece si riconosce come l’ultimo dei peccatori e non fa altro che battersi il petto e chiedere perdono a Dio per le sue inadempienze. Il pubblicano vorrebbe essere semplicemente come il Signore lo vuole e non ci riesce. In questo si umilia, si fa suo servo, sa che si meriterebbe solo il castigo e chiede misericordia. In questo quindi il pubblicano esce giustificato, esce fatto giusto, dal tempio, per il fatto che per ricevere il perdono da Dio bisogna riconoscere il proprio limite, la propria intrinseca finitudine. Il pubblicano sa di essere un servo inutile e si mette a servire Dio veramente. Il fariseo serve Dio per se stesso e non capisce di essere fuori strada. Anche il fariseo, prima o poi, capirà che la via per la salvezza passa attraverso il riconoscimento della propria nullità. A quel punto la luce della verità potrà illuminarlo. Ma Gesù è venuto per i malati, non per i sani, e pertanto c’è speranza per tutti nella sua carità.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2019
Immagine dal sito : www.odigitria.it

domenica 20 ottobre 2019

Nella ventinovesima domenica del tempo ordinario - Anno C - (Letture: Es 17, 8-13a; Sal 120; 2 Tm 3, 14 - 4, 2; Lc 18, 1-8)

Una vedova a un giudice sleale
chiede giustizia. Il giudice resiste,
non ha pietà di lei, non del suo male.
La donna va da lui, lo prega, insiste

ogni giorno, ogni volta tale e quale.
Non per bontà quel giudice l'assiste,
le dà ragione in ambito legale,
infine: è stanco, troppe volte ha viste

quelle scene ripetersi. Il Signore
farà così con chi lo prega o chiede
che lo esaudisca in umiltà di cuore.

Gesù è buono, ci ascolta, ci precede
nel domandare. Ma nelle ultime ore
qui, sulla terra, troverà la fede?

Casalecchio di Reno (Bologna), 20 ottobre 2019
Non deve mai venire meno in noi la necessità, verrebbe quasi da dire il desiderio, di pregare, e questo non tanto perché possiamo ottenere da Dio ciò che vogliamo, ma per metterci nell’umile disposizione d’animo di chiedere ciò di cui abbiamo bisogno. Il Signore sa che ci occorre una sola cosa, che è lo Spirito Santo, per poter affrontare in modo irreprensibile tutto ciò che ci capita. Pregare è chiedere che siamo pronti ad affidarci a Dio nel momento della prova. Pregare è anche mettersi nella disposizione d’animo di chiedere per noi il nostro bene. Non bisogna stancarsi di chiedere per abituare il nostro cuore al dialogo con Dio nel silenzio della nostra piccolezza. Anche questa è umiltà; anzi, questa è l’umiltà. La vedova della parabola sa che il giudice presto o tardi le farà giustizia ed è fiduciosa pure se quel giudice ha fama di essere disonesto. Tanto più il Signore, che è buono e giusto, non ci lascerà soli nel momento in cui abbiamo bisogno di lui. Questo è pure un atto di fede, perché la fede si nutre di preghiera e la preghiera aumenta la fede. Per questo Gesù chiede se, quando tornerà a giudicare i vivi e i morti, sulla terra ci sarà ancora la fede, quel desiderio di essere con Dio e di Dio, in un’unità profondissima. L’amore altro non è che la volontà dell’animo diretta verso la cosa più bella e importante che esista, il Signore, appagamento di ogni nostra sete. Ecco perché bisogna pregare incessantemente. E il Signore sarà con noi.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2019
Immagine dal sito : angyliguori.blogspot.com