il pallore del sole, oggi che muore
l’ansia dell’anno, immagine sbiadita,
fredda nel cuore.
Aspetto. L’ora languida s’avvia.
Risuona in me qualcosa, non so cosa,
musica triste di malinconia
che non ha posa.
Il confine è invisibile. Stupito
attendo, non so cosa, non so come.
Si stempera d’azzurro l’infinito
che non ha nome.
La pagina finisce, un’altra volta.
Aspetto, tra il lontano mormorio
informe, greve. L’anima mia ascolta
voci d’addio.
Casalecchio di Reno (Bologna), 31 dicembre 2018
È un copione già visto,
non lo nego; ma si rinnova ogni anno. Io non so perché, ma non mi riesco ad
affezionare a certe ricorrenze, forse anche perché ricorrenze poi non sono. Sì,
la chiamano festa, ma che festa è veramente? Mi pare, ed è l’unica cosa che in
qualche modo me la faccia riabilitare, la scusa per stare un po’ assieme a
esorcizzare il tempo che passa, inesorabile. Ma va bene, prendiamolo pure per
quel che è. Mi ha sempre comunicato una grande tristezza, quasi fosse la
magnificazione del nostro limite, del nostro nulla. Ma dicono che vada esaltato
come momento di passaggio. Forse proprio questo mi immalinconisce, il
passaggio, il sapere che qualche cosa definitivamente finisca per non esistere
più. È la soglia per cui qualcuno e qualcosa resta per sempre al di qua. Vorrei
che questo tempo d’attesa non finisse mai: questa è la felicità del momento.
Già l’hanno detto, già l’hanno scritto, ma è quando la si vive che diventa terribilmente
vera. Nel transeunte in cui viviamo è esperienza di ogni giorno, figuriamoci
dell’ultimo giorno dell’anno. È una sospensione indescrivibile quella che
s’avverte in questi momenti, che io avverto in questi momenti. Ma domani sarà
già un ricordo, l’inizio di qualcosa che non sappiamo o non vogliamo sapere. Insomma,
è tempo di voltare pagina. Non so se io sia già pronto. Ma aspetto e tutto sarà
possibile.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine: orologio analogico color ottone di una stazione ferroviaria - Photo by Bryce Barker on Unsplash