Il Signore è vicino! Tra la gente
lungo il Giordano, in mezzo ai pubblicani,
nei soldati smarriti, ognuno sente
in cuore la speranza, ha nelle mani
il dono della gioia già presente
dentro di sé, quest’oggi, non domani,
ascolta nel deserto penitente
quella voce ora sciogliere gli arcani
misteri della gioia: la parola
attraverso Giovanni parla al cuore
di chi chiede che fare, lo consola,
lo sostiene, annunciando che il Signore
è vicino, è tra noi, per noi è la sola
salvezza nella legge dell’amore.
Casalecchio di Reno (Bologna), 16 dicembre 2018
In questa terza domenica d’Avvento, la cosiddetta domenica Gaudete dall’antifona d’introito presa da san Paolo «Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Dóminus enim prope est», ossia «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (Fil 4,4.5)), tutta la liturgia esprime la gioia grande della Chiesa per il Signore che viene. Certo, nell’orizzonte più limitato dell’anno, si potrebbe dire che il Natale è alle porte e quindi si sta per realizzare di nuovo la nascita del Salvatore; ma il tempo d’Avvento e di Natale altro non sono che un segno della venuta di Cristo, quella ultima e definitiva, che tutti stiamo attendendo, il momento in cui realizzerà le promesse del Vangelo. Non importa sapere il giorno preciso, perché solo il Padre sa quando questo deve avvenire; la cosa importante è sapere che avverrà e che noi dobbiamo essere pronti, vegliando e pregando sempre nell’attesa di quest’evento. E di nuovo il protagonista della sequenza evangelica odierna è Giovanni il Battezzatore, che risponde alla domanda della folla che gli sta attorno, dei pubblicani e dei soldati: «Che cosa dobbiamo fare?». Già, la folla cerca chi possa darle risposte certe, risposte allo sbandamento morale e spirituale, un po’ come oggi; così i pubblicani e i soldati, i primi esattori corrotti delle tasse e i secondi uomini abituati a esercitare la violenza di professione. E che dice a tutti costoro Giovanni? La risposta è semplice, ma allo stesso tempo difficile: comportatevi secondo la legge dell’amore, aiutando chi ha bisogno nell’indigenza e nella fame, non estorcendo più denaro del dovuto e non operando sopraffazioni violente contro alcuno. Insomma, è il segno dei tempi nuovi, di un’umanità rinnovata, un po’ come annuncia il profeta Sofonia nella prima lettura. Ecco, questo è forse il Natale, quello vero, sapere che non siamo più fatti per le cose di quaggiù, ma per una dimensione alta e grande, che ci fa assomigliare sempre di più al nostro Creatore.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
In questa terza domenica d’Avvento, la cosiddetta domenica Gaudete dall’antifona d’introito presa da san Paolo «Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Dóminus enim prope est», ossia «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (Fil 4,4.5)), tutta la liturgia esprime la gioia grande della Chiesa per il Signore che viene. Certo, nell’orizzonte più limitato dell’anno, si potrebbe dire che il Natale è alle porte e quindi si sta per realizzare di nuovo la nascita del Salvatore; ma il tempo d’Avvento e di Natale altro non sono che un segno della venuta di Cristo, quella ultima e definitiva, che tutti stiamo attendendo, il momento in cui realizzerà le promesse del Vangelo. Non importa sapere il giorno preciso, perché solo il Padre sa quando questo deve avvenire; la cosa importante è sapere che avverrà e che noi dobbiamo essere pronti, vegliando e pregando sempre nell’attesa di quest’evento. E di nuovo il protagonista della sequenza evangelica odierna è Giovanni il Battezzatore, che risponde alla domanda della folla che gli sta attorno, dei pubblicani e dei soldati: «Che cosa dobbiamo fare?». Già, la folla cerca chi possa darle risposte certe, risposte allo sbandamento morale e spirituale, un po’ come oggi; così i pubblicani e i soldati, i primi esattori corrotti delle tasse e i secondi uomini abituati a esercitare la violenza di professione. E che dice a tutti costoro Giovanni? La risposta è semplice, ma allo stesso tempo difficile: comportatevi secondo la legge dell’amore, aiutando chi ha bisogno nell’indigenza e nella fame, non estorcendo più denaro del dovuto e non operando sopraffazioni violente contro alcuno. Insomma, è il segno dei tempi nuovi, di un’umanità rinnovata, un po’ come annuncia il profeta Sofonia nella prima lettura. Ecco, questo è forse il Natale, quello vero, sapere che non siamo più fatti per le cose di quaggiù, ma per una dimensione alta e grande, che ci fa assomigliare sempre di più al nostro Creatore.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine: Uomo che regge un cartello con scritto:" Ricerca di bontà umana" -Photo by Matt Collamer on Unsplash
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