Hai resistito al carcere, ai tormenti,
a strazi d’indicibile dolore,
Cristina, ai disumani patimenti
voluti da tuo padre con furore,
hai superato eroica mille stenti,
pur di salvare ciò che avevi in cuore,
Cristina, senza avere cedimenti,
la tua fede nel nome del Signore,
e, diventata pura nel crogiuolo,
dopo ogni atrocità, dopo ogni pena,
Dio ti ha chiamata nel suo eterno
stuolo
di santi, nella vera vita piena,
in cui tu brilli, giovane bocciolo
d’amore, dolce santa di Bolsena.
Casalecchio di Reno (Bologna), 24 luglio 2019
Ci troviamo a Bolsena sul finire del III secolo, quando una giovanissima
di nome Cristina attraversa infiniti supplizi pur di non abiurare la fede
cristiana, pur di restare fedele a Gesù, prima ovviamente di essere chiamata a
ornare con la propria luce il Paradiso. Il padre, Urbano, magister militum, non accetta in alcun modo che la figlia sia
fedele al cristianesimo e fa rinchiudere la figlia assieme ad altre undici
giovani in una torre per farle venerare i simulacri degli dei pagani alla
maniera delle vestali. Cristina non cede e, dopo avere avuto una visione d’angeli,
spezza le statue degli idoli. Il padre, allora, chiede alla figlia di
ravvedersi e di tornare al culto dei tempi antichi; ma, dal momento che Cristina
persevera nella vera fede, la fa rinchiudere in carcere e flagellare. Non pago
di ciò, Urbano deferisce la figlia al proprio tribunale che la sottopone a
diversi supplizi, tra cui la ruota con sotto fiamme ardenti. Una volta tornata
in carcere, lacera e contusa, la giovane viene guarita miracolosamente da tre
angeli discesi dal cielo. Il padre tenta quindi di annegarla nel lago di
Bolsena, attaccandole al collo una mola legata al collo. Eppure, la pietra,
invece di affondare, comincia a galleggiare e riporta Cristina a riva sana e
salva. Cristina, e questo è un altro miracolo, calpesta la pietra lasciandovi
impresse le orme dei suoi piedi; la mola diverrà in seguito mensa d’altare. Il
padre, visti i prodigi operati da Gesù attraverso la figlia, muore, ma Dione,
suo successore nella carica di magistrato, continua a infierire su Cristina, facendola
flagellare e gettandola in una caldaia ardente con pece, resina e olio, da cui
Cristina esce illesa. Allora le fa tagliare i capelli e la fa trascinare nuda
per la città e, costrettala a entrare nel tempio di Apollo, le intima di
adorare la statua del dio; Cristina, tuttavia, fissa il simulacro che, all’istante,
vacilla e si sgretola. Morto pure Dione, il successore, Giuliano, continua a
tormentare la giovane fino a gettarla in una fornace ardente da cui, però, esce
incolume. Ancora, Giuliano cerca di ucciderla facendola mordere da serpenti
velenosi; ma i serpenti, invece di morderla, cominciano ad asciugarle il
sudore. Venuto il suo tempo, Cristina è colpita mortalmente da due frecce d’arco
e rende l’anima a Dio. Al di là delle vicende leggendarie raccolte attorno a
questa piccola santa, i dati archeologici mostrano che la venerazione di
Cristina risale già al IV secolo. Tra l’altro, è da ricordare che sull’altare ricavato
dalla mola di santa Cristina, nel 1263, avviene uno straordinario miracolo eucaristico:
il sacerdote, pur dubbioso sulla presenza reale di Cristo nell’Eucarestia,
mentre celebra la Messa, vede sgorgare dall’ostia consacrata gocce di sangue
che gli imporporano il corporale e bagnano il pavimento. Insomma, santa
Cristina è davvero santa d’eccezionale grandezza e non smette d’indicarci la
via della vera fede.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2019Immagine: Santa Cristina in una vecchia stampa - Raccolta privata
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