venerdì 6 dicembre 2019

In memoria di... Deborah, Laura, Sara, Laura, Tiziana, Antonella, Alessandra, Dario, Elisabetta, Elena, Carmen, Alessandra


Cadde il cielo impazzito dentro l’anima
d’un giovedì d’autunno. Ancora sanguina
la ferita che più non si rimargina
dentro il cuore. Rimane solo un cumulo

di macerie, ricordi di memorie
senza un perché. Ogni sforzo è stato inutile.
Un giovedì d’autunno. La giustizia
ingiusta non si cura dei colpevoli.

Di quel giorno rimane l’impalpabile
impotenza, le voci nello strazio
infinito, il sorridere indicibile
di chi aveva i miei anni. Erano dodici

amici. Oggi una muta cerimonia
tra il freddo che ci agghiaccia. Solo immagini,
volti che testimoniano che l’essere
sopravvive in chi guarda oltre le nuvole.

Casalecchio di Reno (Bologna), 6 dicembre 2019 
Non vi è pace senza giustizia e non vi è giustizia quando, dopo un immane disastro come quello del Salvemini, l’unico colpevole è chi ha pagato con la vita. I dodici ragazzi di allora avrebbero la mia età: li conoscevo bene. Sara Baroncini e Elisabetta Patrizi erano mie compagne di scuola. Io le ricordo come allora, nel sorriso di chi ha davanti a sé tutta la vita. Era, come oggi, una giornata limpida di fine autunno. Con la sensibilità di un ragazzo di quindici anni non riuscivo a comprendere appieno la follia di quel che era successo. Un senso di vuoto e di sgomento, questo sì, li avvertivo. La morte si era affacciata tragicamente al mio orizzonte: per me solo i grandi morivano. Era solo smarrimento e incredulità intorno. Al funerale, celebrato il lunedì successivo nella parrocchia di San Giovanni Battista di Casalecchio, lessi un cartello scritto da altri ragazzi come me: «Se la vita è amore voi non morirete mai». Oggi so che è proprio così, che è proprio vero: la vera morte, quella definitiva, si ha quando si smette di ricordare, quando si abdica alla memoria e si smette di sperare. Sono passati quasi trent’anni, la giustizia umana è più che fallace, è mendace, ma il ricordo di quei dodici amici resta piantato come una quercia a testimoniare che non sono morti invano. Questa è la speranza che mi fa certo di un senso della vita.

Copyright testi (C) Federico Cinti 2019   
Immagine tratta dal web

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