domenica 30 settembre 2018

Nella ventiseiesima domenica del tempo ordinario



Bisogna aprirsi al mondo, essere pronti
a recidere ciò che è contro il bene
dentro e fuori di noi, rompere i ponti
con l’invidia, spezzare le catene

che ci chiudono agli occhi gli orizzonti
d’essere per Gesù, che ci sostiene
in ogni circostanza, senza sconti
in ciò che ci conviene o non conviene,

senza chiusure a chi opera nel santo
nome di Cristo, nostro Salvatore,
e nulla in noi sarà più gloria o vanto

che essere tutti uniti nell’amore,
nella gioia di stare l’uno accanto
all’altro, sempre, in umiltà di cuore.

Casalecchio di Reno (Bologna), 30 settembre 2018


E mi stupisce sempre e anche però mi consola constatare che anche i Dodici, gli Apostoli, il primo nucleo fondante della Chiesa, fanno una grande fatica, quella fatica che facciamo tutti e tutti i giorni, a recepire e mettere in pratica la parola di Gesù. Addirittura Giovanni, che nel quarto Vangelo è definito «il discepolo che Gesù amava», domanda al Maestro di fermare un uomo che nel nome proprio di Cristo scacciava i demoni, ossia faceva del bene. Giovanni, «il figlio del tuono», per dirla come si legge nei sinottici, con l’irruenza che gli è propria, in questo passo sente come un privilegio esclusivo l’essere stato scelto da Dio per quel compito. È un momento in cui anche i Dodici operano una chiusura, una separazione, una divisione. In questo senso danno scandalo, sono motivo d’inciampo ai piccoli del regno, che si sentono o possono sentirsi smarriti, se le varie parti della Chiesa si dividono tra loro. Gesù richiama all’unità, all’essere uno in lui. Per questo dice che è meglio togliere da noi, allontanare da noi, ciò che dà scandalo, perché è la radice della dissoluzione. Lo stesso tema lo svilupperà anche Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, quando scrive: «Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo» (1 Cor 12,12). Certo, sviluppa quel che aveva già affermato in modo netto Gesù: ogni parte deve cooperare al disegno della salvezza e della costruzione del regno, perché ognuno ha doni diversi e diversi in quanto complementari. Insomma, il Signore oggi ci richiama all’essere Chiesa e non singoli, a essere un corpo vivo, operante e non membra sparse e quindi morte. Decidere significa tagliare: decidere per il bene significa, allora, scegliere la parte buona che non dà scandalo e rende puri.

Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine:"Gesù mentre insegna ai suoi Apostoli" - Cattedrale di Sant'Isacco, San Pietroburgo (Russia)- da:t.arautos.org/view/show/10399-i-dodici-sono-inviati-in-missione

A san Girolamo Sacerdote e Dottore della Chiesa


Sacerdote, ispirato traduttore 
della Sacra Scrittura in cui è segnato 
il percorso per giungere al Signore, 
monaco del deserto, appassionato

teologo, focoso difensore 
della dottrina, insigne letterato, 
commentatore ascetico, Dottore 
della Chiesa a cui tutto ti sei dato,

il tuo esempio, Girolamo, il tuo zelo 
di sapere, conoscere, il tuo impegno 
ci spinge oltre la lettera, oltre il velo

del nostro umano limite al disegno 
che Dio vuole per noi, salire al cielo, 
qui in terra adoperandosi al suo regno.
 
Casalecchio di Reno (Bologna), 30 settembre 2018 


Mi fa sempre un certo effetto pensare che la lingua in cui, per più di quindici secoli, la Chiesa ha letto la Sacra Scrittura e ha forgiato la sua liturgia è il latino di Girolamo, il santo sacerdote che, per ispirazione del Signore, è riuscito in un’impresa grandiosa, tradurre dagli originali ebraici e greci la Bibbia (in particolare il Vecchio Testamento, il Nuovo solo in parte, perché era passato intanto a miglior vita), il libro dei libri. E oggi le nostre versioni sono soggette all’usura degli anni, mentre Girolamo ci consegna un’opera ormai fuori del tempo, la Vulgata. Il latino, non c’è che dire, mi commuove: è la lingua della mia anima, la lingua che fa risuonare le mie corde più intime. Del resto, tradurre è interpretare, riflettere non solo sulle parole o sulle espressioni, ma sul significato più vero di ciò che deve diventare nostro nella lingua che parliamo e in cui pensiamo. Ecco allora che Girolamo diviene il patrono degli esegeti e pure degli insegnanti. In lui la grande tradizione classica e la sapienza giudaico-cristiana si fondono mirabilmente. Poi, è vero, aveva un temperamento un po’ focoso e non sempre malleabile, ma certamente non si può dire che non desiderasse ardentemente la purificazione propria e quella dei suoi contemporanei, se, fin dalla giovinezza, desiderò essere monaco del deserto. Insomma, Girolamo ha ancora tanto da dirci e da farci scoprire.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine:autore Guercino anno 1641 titolo Visione di san Girolamo    - da: https://www.santodelgiorno.it/san-girolamo/