Preferisco
fermarmi sulla soglia
di ciò che non è
più, di ciò che è stato,
in bilico, così,
come una foglia
fragile sull’autunno
già inoltrato,
sulla riva del
fiume che gorgoglia
il suo canto
indicibile, ascoltato
tra i brividi di
un’anima ormai spoglia
d’ogni pensiero e
poi dimenticato,
preferisco
guardare dalla sponda
invisibile il
dedalo del cuore
smarrito nella
nebbia più profonda
attraverso l’immobile
grigiore,
simile a voce d’eco
che risponda
lontano, non so
dove, con stupore.
Mi sono sempre chiesto se sia giusto andare al di là o restare al di qua della soglia, del confine, del limite, e me lo chiedo ancora. Credo di sapere la risposta, ma l’indagine sul bene e sul male impone anche questa riflessione, soprattutto se ci si trova in una situazione in cui tutto è pressoché definito una volta per tutte. Il problema vero è se sappiamo o non sappiamo, se il velo sia davvero caduto, se la realtà ci si è mostrata veramente per quella che è. Ecco, in questo caso sarebbe facile proseguire all’infinito, superare tutti gli ostacoli, perché in fondo non sarebbero mai tutti per davvero, dato che il loro numero diventerebbe infinito. Eppure non sono sicuro che sia sul serio così. Il perimetro è fondamentale per non perdersi, per sapere e per capire chi siamo e dove andiamo. Certo, il confine può diventare anche una prigione, come nel caso del labirinto, ma spesso è un’immagine che ci costruiamo noi, con le nostre ossessioni. Ecco perché preferisco fermarmi sulla soglia a contemplare l’equilibrio costruito sulla follia, se si scardina il vero senso delle cose e della realtà.
Copyright (C) testi Federico Cinti 2018
Immagine: uomo in piedi davanti alla porta -Photo by Anh Nguyen on Unsplash
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