domenica 18 novembre 2018

Nella trentatreesima domenica del tempo ordinario



La terra passerà, sparirà il sole,
si spegnerà la luna, il firmamento
non sfavillerà più, ma le parole
del Messia, di cui prossimo è l’avvento,

mentre la creazione già si duole
del travaglio del parto, patimento
necessario a chi crede, spera e vuole
ritornare a Gesù, che ci ha redento,

non passeranno. Quello sarà il giorno
in cui sarà compiuto ogni disegno
dell’amore di Dio: farà ritorno

sopra le nubi, come grande segno,
per noi il Figlio dell’uomo e tutti intorno
a sé ci chiamerà per il suo regno.

Casalecchio di Reno (Bologna), 18 novembre 2018
Tutto è escatologia, tutto tende ai Novissimi, come si diceva giustamente una volta, perché verrà un tempo in cui la scena di questo mondo passerà e tutto si presenterà davanti al Giudice, come profetizza Daniele, per la ricompensa o la vergogna eterne. Come del resto tutta la creazione è l’atto spontaneo dell’amore di Dio, così tutto tende naturalmente a ritornare al suo Creatore, in quel desiderio d’infinito che è scritto nel cuore di tutti gli esseri dell’universo. Ecco allora che, come scrive Paolo, il mondo avverte le doglie del parto (Rm 8,12-22), il travaglio di una nascita nuova di cui Cristo è stato la primizia: l’essere primo, fattosi carne come le sue creature, ha sconfitto il limite della morte per rendere tutto come lui, anche il mondo, che dopo la cacciata dall’Eden si era come opacizzato, aveva nascosto il suo splendore originario, uscito dalle mani dell’Onnipotente. Anche la terra e ciò che contiene avverte questa tensione. Il Figlio dell’uomo, dopo che il sole si sarà spento, dopo che la luna non illuminerà più la notte, dopo che le stelle saranno cadute dal firmamento, insomma dopo tutti questi segni grandi e tremendi, ci radunerà a sé da tutti e quattro i venti e porterà a perfezione l’opera delle sue mani. Il regno, il suo regno, che esiste già, diventerà perfetto come lo è il suo Re. Per questo dobbiamo essere pronti a non farci cogliere impreparati, per questo sappiamo bene che cosa deve succedere, anche se non sappiamo quando, perché solo il Padre lo sa. A noi è chiesto di credere, sperare e amare. Non apparteniamo a questo mondo, ma siamo in esilio verso la patria vera, quella celeste, quella da cui veniamo, come polvere di stelle. Noi siamo fatti per la vita, non per la morte, oggi che non si parla altro che di soppressione della vita. Siamo in cammino, siamo pellegrini verso la patria vera e il nostro compito è grande: come l’anima è nel corpo, così i cristiani devono essere nel mondo (A Diogneto, 6). Siamo pronti e preghiamo, perché il signore Gesù, il Figlio dell’uomo, non ci lascerà mai soli fino alla fine dei tempi, fino ai Novissimi.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine: Giovanni da Modena, Il Giudizio Universale, Cappella Bolognini. Basilica di San Petronio - Bologna. Fonte:Wikipedia 

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