Aria d’estate. Tutto si è fermato.
Cantano le cicale senza pace.
Un vento soffia appena. Nulla intorno
nel cielo terso.
Silenzio ovunque. Si rallenta il tempo.
Vaga la nostalgia tra qualche bianca
nuvola. Azzurro
finché l’occhio si perde. Posa l’ora
all’eco d’un muretto. In lontananza
voci d’oblio, voci di un sogno alterno
eterno. Tutto
attende un non so che, respiro dolce
d’evanescenza. Chiare ombre nel giorno
si stampano sui muri. Così passa,
oggi, la vita.
Casalecchio di Reno (Bologna), 14 agosto 2019
Strana la sensazione
che si respira in quello che anche per Pascoli è un momento altamente poetico,
il momento in cui in estate le aie cessavano da ogni lavoro «dentro il meridïano
ozio dell’aie» (Romagna), nel pallore così assorto in cui non si può che
«meriggiare», secondo il noto incipit montaliano nel più diafano degli Ossi
di seppia, quando è possibile intravedere qualche panica entità come negli Idilli
teocritei. Se ne fa prova, certo, nel momento in cui nel mezzogiorno estivo ci
si trova a camminare da soli, inondati di sole, mentre tutto langue in una
sonnolenza a nettissimi colori. A me è capitato così, ieri, poco prima del
pranzo: ogni cosa era ferma tra le ombre immobili dell’ora, mentre qualche
lontana voce echeggiava chissà dove nel silenzio senza fine in cui tutto
galleggia d’estate. Mi sono fermato un attimo a riflettere su quel momento
incantato, fuori del tempo e dello spazio, per attingere l’ansia immota oltre
il confine. Non mi sono mai sentito così bene, non mi sono mai sentito così a
casa. Questa è l’estate in cui ritrovare un po’ se stessi nella pace che
prelude già a un nuovo inizio nell’aria fresca della sera, nell’anticipo
dell’autunno che incombe. Io almeno l’ho vissuta così, come quando da bambino
sentivo per la prima volta gli odori delle piante e poi li risentivo. Erano
sempre quelle tuie così odorose di resina, così appiccicose solo a guardarle.
Questa è casa mia, questa è la Croce.
Copyright testi (C) Federico Cinti 2019
Immagine di Paola Mischiatti, dal web
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