Forse, al di là del limite, oltre il bordo
inconsistente dello specchio, dietro
la frontiera impalpabile del vetro
si cela la realtà vera, il ricordo
di un’età senza età, di un io perduto
dentro l’eternità dell’assoluto
tenuto stretto un giorno, conosciuto,
adesso eco dell’eco, ombra dell’ombra
d’un abbagliante sogno che c'ingombra.
Casalecchio di Reno (Bologna), 12 giugno 2017
M'ossessiona il pensiero della soglia, del confine, del margine, del filo che separa qualcosa, il prima e il poi, il tempo che diventa immediatamente da futuro a passato. Ecco l'inizio, ecco la fine, in un perenne circolo che mi mette un po' d'angoscia nel mondo del perenne transeunte, della fluttuazione senza fine. Eppure i giorni passano, finiscono; eppure tutto ha inizio, tutto ha fine. E lo specchio apre realtà illusorie (o irreali? Non l'ho mai pienamente capito). In questi giorni leggo e rileggo del castello d'Atlante, di cui parla Ariosto nel "Furioso", luogo magico in cui tutti cercano qualche cosa che hanno smarrito o che non hanno mai posseduto, ed è una corsa senza pace, senza requie, simile a un tuffo - oggi diremmo - nel virtuale del cellulare che teniamo sempre in mano. Lo schermo è una soglia, un bordo, un margine, uno specchio dove tutto cade e in cui tutto si confonde: è il mito di Narciso che coglie la propria immagine come fosse quella d'un altro e se n'innamora fino a perdersi. E la carrucola cigola nel pozzo a scandagliare chissà che inconsapevole, recondita, insondabile profondità. L'ignoto che si cela nel non conscio si riflette nello specchio di un io che non conosciamo nemmeno per nome: è il gioco della luce e delle tenebre, di Apollo e Dioniso, eterni rivali perché nessuno dei due è in grado di vincere l'altro, che a sua volta è invincibile. Questa soglia m'affascina e confonde e seguo un'armonia dolce nel cuore, che risuona come nenia che mi culla, le fughe eterne dell'eterno Bach. E il ripetersi comincia e ricomincia per un'altra, l'ennesima, ossessione.
Copyright testi e foto (C) Federico Cinti 2018
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