domenica 11 febbraio 2018

Nella VI Domenica del Tempo Ordinario

Nella prova più dura, nel momento
in cui più insostenibile è il dolore,
quando tutto è fatica, tutto è stento
dentro e fuori di noi, mentre il cuore

quasi dispera in preda allo spavento
nella sua solitudine interiore
fino al naufragio d’ogni sentimento,
allora occorre chiedere al Signore

con l’inesausta fede del lebbroso:
«Se tu lo vuoi, mi puoi purificare».
E il Signore che è buono, che è pietoso,

dirà anche a noi che vuole risanare
l’anima in cerca solo del riposo
dal morbo per poterlo ringraziare.


Casalecchio di Reno (Bologna), 11 febbraio 2018



Non è la lebbra di per sé, nell'episodio del Vangelo di oggi, che lascia stupiti, ma l'atteggiamento del Signore che non ha paura di avvicinarlo, di parlargli, di toccarlo. La lebbra era, ed è tuttora, una malattia terribile, ma nulla è impossibile a Dio. Ogni malato, ma anche chiunque abbia difficoltà, sa bene che cosa significhi trovarsi a un certo punto da solo, da solo con se stesso dico: è un mondo che crolla, una dimensione senza più certezza, un limite che s'avvicina inesorabilmente. Eppure la speranza c'è, perché Gesù non abbandona: incontra, parla, tocca e risana. Il morbo è spesso invisibile, però, è interiore, ed è l'incapacità di riconoscersi bisognosi d'un altro, dell'altro, nel delirio di autosufficienza e indipendenza da tutto e da tutti. Il peccato, spesso, non è quello che si fa, ma quello che si è. demolire quella corazza di certezze fallaci è difficile, ma solo nella prova se ne fa esperienza vera, quando si capisce che non siamo da soli, non siamo per caso, per accidente del fato. Dio è più grande delle miserie umane e ci libera pure da noi stessi.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Cosimo Rosselli, Sermone della Montagna, Wikipedia

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