venerdì 30 marzo 2018

Il Venerdì della Passione

Dopo avere di nuovo celebrato,
ieri, l’ultima cena del Signore
in cui, pur nel mistero, ci ha mostrato
che non vi è prostrazione né dolore

che egli non abbia patito o attraversato
fino a farsi trafiggere anche il cuore
tanto si era per gli uomini umiliato
nel suo infinito, sconfinato amore,

come segno potente di speranza
oggi ci dà la croce da abbracciare
con gioia, con fiducia, in esultanza,

per non essere barche in mezzo a un mare
di indifferenza, di viltà e incostanza
a rischio ogni momento di affondare.

Casalecchio di Reno (Bologna), 30 marzo 2018


Ieri la grande, ultima cena del signore, con la lavanda dei piedi, l'istituzione del sacerdozio, in cui Gesù ama i suoi sino alla fine. E oggi? Oggi resta la croce, il segno tangibile del sacrificio più grande, più profondo, più vero di Dio per gli uomini. È un giorno particolare, forte, tremendo, ma anche di gioia e di contraddizione. Oggi mi ha sempre colpito la lettura della Passione secondo Giovanni. Quando ero piccolo e sentivo dire che si leggeva il "passio" restavo sempre stupito. Ogni tanto, quando potevo ancora, me la facevano leggere. Mi ero preso anche una versione cantata, quella musicata da Scarlatti, che avevo imparato quasi a memoria. Ora che sono un po' più grande diciamo che tutto m'appare nella sua infinita pietà e ancora non comprendo come tutto sia circondato dall'indifferenza. Il venerdì santo, il venerdì della Passione, l'uomo è davanti a se stesso, nudo, senza infingimenti, come se fosse tornato piccolo piccolo. È senza dubbio una rinascita. Così vivo questo giorno e partecipo con questa consapevolezza a quella che, a Bologna, chiamano ancora la "Messa scompigliata", che poi Messa non è, ma Commemorazione della croce. È inutile nascondersi.

Copyright (C) Federico Cinti
Immagine: Mater dolorosa, James Tissot, New York, Wikipedia.

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