ogni giorno di più con tutto il cuore,
di cui ascolti instancabile i richiami,
pur nei limiti umani, nel torpore
della fatica, cerca quello che ami
più di tutto e sa rendere migliore
ogni minima cosa tra i rottami
delle tue vanità, cerca il Signore
simile ai Greci che oggi nel Vangelo
ricercano Gesù con vera fede,
con la speranza viva, con lo zelo
di carità dell’animo che crede
che vedere è conoscere oltre il velo
dell’umana realtà in cui si procede.
Casalecchio di Reno (Bologna), 18 marzo 2018
Più di ogni altra cosa della liturgia odierna mi resta nel cuore la domanda di quei Greci che, saliti a Gerusalemme per celebrare devotamente la Pasqua, vanno a chiedere a uno dei Dodici, a Filippo, che era di Betsaida di Galilea: «Vogliamo vedere Gesù». E l'apostolo, consultatosi con Andrea, il primo dei chiamati, li porta dal Signore, che li accoglie. Sì, è vero, «vogliamo vedere Gesù», perché in quel verbo "vedere" sta la conoscenza, sta la radice dell'idea che porta alla relazione al di là del velo dell'apparenza: è il Mistero che si rende visibile e conoscibile in un rapporto dinamico (i Greci non vogliono solo "vedere", ma si muovono per andare da Gesù e per conoscerlo di persona). È un percorso che si compie e si deve compiere per cercare e per trovare Gesù. E ancora risento le parole del mio carissimo amico Francesco, che spesse volte, nell'esegesi del martedì sera proprio del quarto Vangelo, batte e ribatte su un termine, che è "ora", che è l'ora di Gesù, il compimento della sua missione, che è quello per cui è venuto nella carne degli uomini e per gli uomini. E quindi mi dico e mi ripeto: "voglio vedere Gesù, lo voglio vedere anch'io, nella sua realtà mistica dell'ostia consacrata, e nelle persone, fatte a sua immagine e somiglianza. Ecco il chicco di grano che deve morire per dare molto frutto, ecco la croce e la resurrezione, per un mondo migliore di questo.
Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Giotto, Ingresso a Gerusalemme, Cappella degli Scrovegni
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