imparati alla scuola elementare,
versi che amai, versi così diversi
dagli altri, per il tono singolare
capito solo dopo, in cui mi persi
ripetendoli, versi da copiare
come l'azzurro di quei cieli tersi
dei disegni di bimbo in cui sognare
tutto quello che poi non sarei stato,
che non sarò mai più né forse voglio
essere e che ora ho già dimenticato,
come in inverno l'albero ormai spoglio
del verde che ha nutrito, ma ha lasciato
cadere, come versi sopra un foglio.
Casalecchio di Reno ( Bologna), 16 Marzo 2018
Proprio durante il meriggio, quando tutto era ormai in dismissione a scuola, terminate le lunghe ore di lezione, all'amico Paolo, che ogni tanto asseconda le mie voglie poetiche, ho letto questi versi di Giuseppe Parini, versi che ci aveva fatto imparare la maestra in quarta elementare. ora, al di là della mia indignazione - diciamo pure così - per il fatto che hanno irrimediabilmente cambiato il nome alle scuole elementari, visto che adesso si chiamano scuole primarie, come se il solo fatto di ridenominarle le rendesse migliori (al massimo è accaduto il contrario), ma si vede che io ho subito il singolare destino di essere nato dopo la dissoluzione di un mondo secolare o millenario; ora proprio questi versi mi sono sempre piaciuti, fin dall'inizio, al punto che costrinsi la mamma a portarmi in libreria (andai dal mitico Parolini, tra Ugo Bassi e Testoni) per comprare tutto "Il giorno" di Parini, sgominando l'amico Luca, il mio compagno di scuola, che voleva portare all'esame di quinta proprio "la vergine cuccia", e invece la portai io. Sì, li ho trovati sempre deliziosi. Certo, "l'empio servo" finisce a chiedere l'elemosina al ciglio della strada, spogliato di quella "assisa" che lo rendeva "venerabile al vulgo"; ma sono dettagli poco più che plebei, in un mondo aristocratico come il nostro. E quanto ci teneva la maestra a farci lavorare con la fantasia. Oh, ci è poi riuscita, se non ho ancora smesso. E adesso i miei studenti non sanno a memoria nemmeno il numero di cellulare... Ma va bene così, tanto hanno frequentato le primarie, mica le elementari con la maestra Bruna (oh, non le si poteva dare del tu, ma solo del lei). Ah, scordavo di dire che dedico il tutto al mio amico Giacomo...
Ascolta i versi letti da Leo Ventura cliccando qui.
Copyright video e testi (C) Federico Cinti 2018
La Vergine Cuccia
Giovenilmente vezzeggiando, il piede
Villan del servo con l'eburneo dente
Segnò di lieve nota: ed egli audace
Con sacrilego piè lanciolla: e quella
Tre volte rotolò; tre volte scosse
Gli scompigliati peli, e da le molli
Nari soffiò la polvere rodente.
Indi i gemiti alzando: aita aita
Parea dicesse; e da le aurate volte
A lei l'impietosita Eco rispose:
E dagl'infimi chiostri i mesti servi
Asceser tutti; e da le somme stanze
Le damigelle pallide tremanti
Precipitàro. Accorse ognuno; il volto
Fu spruzzato d'essenze a la tua Dama;
Ella rinvenne alfin: l'ira, il dolore
L'agitavano ancor; fulminei sguardi
Gettò sul servo, e con languida voce
Chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
Al sen le corse; in suo tenor vendetta
Chieder sembrolle: e tu vendetta avesti
Vergine cuccia de le grazie alunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
Udì la sua condanna. A lui non valse
Merito quadrilustre; a lui non valse
Zelo d'arcani uficj: in van per lui
Fu pregato e promesso; ei nudo andonne
Dell'assisa spogliato ond'era un giorno
Venerabile al vulgo. In van novello
Signor sperò; chè le pietose dame
Inorridìro, e del misfatto atroce
Odiàr l'autore. Il misero si giacque
Con la squallida prole, e con la nuda
Consorte a lato su la via spargendo
Al passeggiere inutile lamento:
E tu vergine cuccia, idol placato
Da le vittime umane, isti superba.
Villan del servo con l'eburneo dente
Segnò di lieve nota: ed egli audace
Con sacrilego piè lanciolla: e quella
Tre volte rotolò; tre volte scosse
Gli scompigliati peli, e da le molli
Nari soffiò la polvere rodente.
Indi i gemiti alzando: aita aita
Parea dicesse; e da le aurate volte
A lei l'impietosita Eco rispose:
E dagl'infimi chiostri i mesti servi
Asceser tutti; e da le somme stanze
Le damigelle pallide tremanti
Precipitàro. Accorse ognuno; il volto
Fu spruzzato d'essenze a la tua Dama;
Ella rinvenne alfin: l'ira, il dolore
L'agitavano ancor; fulminei sguardi
Gettò sul servo, e con languida voce
Chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
Al sen le corse; in suo tenor vendetta
Chieder sembrolle: e tu vendetta avesti
Vergine cuccia de le grazie alunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
Udì la sua condanna. A lui non valse
Merito quadrilustre; a lui non valse
Zelo d'arcani uficj: in van per lui
Fu pregato e promesso; ei nudo andonne
Dell'assisa spogliato ond'era un giorno
Venerabile al vulgo. In van novello
Signor sperò; chè le pietose dame
Inorridìro, e del misfatto atroce
Odiàr l'autore. Il misero si giacque
Con la squallida prole, e con la nuda
Consorte a lato su la via spargendo
Al passeggiere inutile lamento:
E tu vergine cuccia, idol placato
Da le vittime umane, isti superba.
Giuseppe Parini, Mezzogiorno, vv 517-56, in Il Giorno
Immagine: Giuseppe Parini, Wikipedia
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