E l’anima si spazia nel chiarore
assorto della luna solitaria
in un silenzio che si fa tremore
dentro la notte fulgida dell’aria,
e mi s’allaga il cuore all’infinito
sospeso al sogno della fantasia
d’andare, essere libero, stupito
in una dimensione adesso mia,
e leggero galleggio nel respiro
irrequieto dell’essere tra rare
onde di vento, nell’eterno giro
del mondo, come naufrago di mare.
Non c’è nulla da fare: lo so che non devo
ascoltare Chopin, mentre correggo i compiti, mia croce e delizia, perché
altrimenti qualche cosa dentro mi si muove. Eppure, per vincere la noia ogni
tanto cado in tentazione. E quindi viaggio con la fantasia sulle note del
genio, un genio tra l’altro che si chiama Federico come me, e vedo la luna
rifulgere nell’aria silenziosa della notte scura, mentre tutto s’inargenta,
case, piante, fiume. Insomma, la luna, compagna di tanti poeti in dialoghi
interiori che si fanno poesia. In quest’ottobre così particolare, dai repentini
cambi d’umore, in una sera tiepida si può sognare la luna che scivola lenta per
le eterne vie del cielo. La scienza può molte cose, può quasi tutto, ma non può
eliminare il desiderio d’infinito dell’uomo, un desiderio di cogliere il vero
senso della vita, perché la vita, checché ne dica qualcuno, un senso ce l’ha,
eccome. Oggi che tutto è frutto della soggettività e dell’individualismo, il
senso sfugge, ma non si perde del tutto. A me pare proprio che in Chopin e nei suoi
Notturni ci sia il senso vero, quello con la
maiuscola, che ci accompagna alla scoperta del mondo e di noi stessi,
l’impronta di Dio.
Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine: foto A.M.
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