lunedì 1 ottobre 2018

Orfeo ed Euridice



Un velo mesto di malinconia
era la pioggia cupa sull’ombrello
nero, sul volto in lacrime per via,

finché ci si fermò, senza parlare,
per un saluto, l’ultimo, al cancello,
socchiusosi, così, prima d’andare.

Non ci si vide più, mai più. Fu un’ombra
silenziosa a dividerci, farfalle
dentro l’oblio del tempo che c’ingombra
nel divieto di volgerci alle spalle.

Casalecchio di Reno (Bologna), 1 ottobre 2018

In giornate autunnali simili a quelle di oggi, con una pioggia così greve e così scura, mi torna in mente il Collegio dei Fiamminghi, quello in via Guerrazzi 20 a Bologna, e l’ultimo saluto a un’amica che partiva per Parigi, partiva per sempre. Era un giorno che impregnava di sé ogni cosa, ogni persona, ogni parola. E il cancello, il grande cancello polveroso dietro cui dovevo andare e dietro cui rimase lei prima di girarsi per sempre e uscire dal portone per scomparire, s’aprì e si richiuse col suo suono metallico. E non ci si poteva volgere indietro, mai più. Tutto finì così, in un silenzio che oggi sa di brivido a ripensarlo, un po’ come nel mito di Orfeo ed Euridice, in cui si contravviene al divieto e ci si perde comunque. O forse io che l’ho guardata andare via, ecco, ho contravvenuto. Ma quanti anni sono passati, quanti? Non lo so più. Ma riaffiora alla labile memoria un senso di pacata rassegnazione. E oggi rimane soltanto la poesia di quel momento fuori del tempo e fuori dello spazio e la pioggia che vela di malinconia un cielo grigio senza tempo.  

Copyright testi(C) Federico Cinti 2018
Immagine: Sta iniziando a piovere. Photo by Clem Onojeghuo on Unsplash

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