domenica 9 settembre 2018

Nella ventitreesima domenica del tempo ordinario


In ognuno di noi c’è il sordomuto
incapace di dire e di parlare,
bisognoso di tutto, dell’aiuto
che da se stesso non si riesce a dare,

e per questo il Signore ci è venuto
a cercare, è venuto a risanare
il nostro cuore torbido, caduto
nella stanchezza che non sa sperare,

e apre le nostre orecchie alla parola
di verità, discesa giù dal cielo
come dono di gioia che consola,

e apre la nostra lingua, scioglie il velo
del dubbio alla certezza, vera, sola,
che fa annunciare agli uomini il Vangelo.

Casalecchio di Reno (Bologna), 9 settembre 2018



Essere sordi alla parola di salvezza e quindi incapace di proclamare la parola di salvezza,la parola del Vangelo: questo mi pare il significato da attribuire alla guarigione operata da Gesù di un sordomuto. Il Signore prende in disparte l'infermo, perché non deve essere uno spettacolo, e gli guarisce la malattia, che è anche uno stato interiore. Gli dice: «Effatà», che significa «apriti». E le orecchie si aprono, e la lingua scioglie il nodo che la teneva incatenata. Così ritorna alla verità delle cose, così può ascoltare la parola di Gesù che lo ha risanato, così può proclamare che il regno di Dio è già qui, in terra, per gli uomini che la benevolenza di Dio ha raggiunto e beneficato. In ognuno di noi il sordomuto deve essere costantemente liberato dalle catene che gli impediscono di operare ciò per cui è stato fatto ed è stato salvato. Questo è il nostro compito, questo è il compito della Chiesa: ascoltare le parole del signore e proclamare la sua buona novella. Il resto non conta nulla.
Copyright (C) testi Federico Cinti 2018
Immagini:Google immagini

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