FILIPPO, RIFULGENDO DEGLI ONORI
Filippo, rifulgendo degli onori
della tua somma, eccelsa vocazione,
con Pietro, capo della nuova Sion,
di quale amore tu ami Gesù Cristo!
Il Signore, così, ti ricompensa
dei pegni più profondi dell’amore
e ti rivela gli intimi misteri
della sua vita e di quella del Padre.
La carità di cristo non abbraccia,
Giacomo, meno te, che sei chiamato
nel vangelo fratello del signore
e da Paolo colonna della Chiesa.
Tu, che l’illustre gregge della santa
Gerusalemme governi per primo,
ci insegni la parola di salvezza
con i tuoi scritti pieni di sapienza.
O voi beati, nobili, che avete
testimoniato Cristo con il sangue,
dateci d’affrettarci con speranza
e fede verso la celeste patria,
perché, quando anche noi abiteremo
nelle dimore dell’eterno Padre,
senza stancarci mai cantiamo assieme
la gloria dell’eterna Trinità.
Amen.
PHILÍPPE, SUMMAE HONÓRIBUS
Autore: di nuova composizione
Metro: dimetro giambico. ˘ˉ˘ˉ|˘ˉ˘ˉ
Philíppe, summae honóribus
vocatiónis énitens,
cum cive Petro príncipe
qua mente Christum díligis!
At ipse amóris íntima
tibi repéndit pígnora,
tibíque Patris dísserit
suaeque vitae dógmata.
Nec te minus compléctitur,
Iacóbe, Christi cáritas,
qui frater eius díceris
sed et colúmna Ecclésiae.
Almae Sion qui praesides
primus gregi claríssimo,
nos usque scriptis próvidis
verbum salútis édoces.
O vos, beáti, nóbili
Iesum proféssi sánguine,
spe nos fidéque cúrrere
date in supérnam pátriam,
Ut, quando mansiónibus
iam Patris immorábimur,
simul canámus pérpetim
in Trinitátis glóriam.
Amen.
Il 3 maggio la Chiesa propone alla nostra meditazione le due figure di Filippo e Giacomo, Apostoli scelti direttamente da Gesù per testimoniarlo e per evangelizzare nel suo nome tutto il mondo. I santi sono come uno specchio in cui noi possiamo riflettere la nostra vita, per imparare un vero cammino di santità: a un certo punto della loro vita, infatti, tutti noi, come anche gli Apostoli, incontriamo il Signore, gli parliamo, cerchiamo di rimanere in lui e con lui. I santi sono figure esemplari e ci aiutano in questo percorso, che non è sempre facile; anzi, a volte è molto duro e difficile, perché si scontra con i nostri limiti, con le nostre debolezze, le nostre fissazioni. Eppure è possibile, come è stato possibile per loro, che noi entriamo in un rapporto vero con Gesù. E la Chiesa, nel tempo, è venuta acquisendo sempre più consapevolezza di questo e la gioia si è tramutata in canto e in rendimento di grazie. Ecco perché, a poco a poco, anche in epoche più o meno recenti, si è continuato a comporre inni e preghiere, perché sempre Dio va lodato nei suoi angeli e nei suoi santi. I tesori dell'innodia cristiana, che - lo confesso - vengo scoprendo anche io come qualche cosa di irrinunciabile, contengono doni di grazie che solo il canto può esaltare degnamente. Ecco perché li traduco, come ovviamente sono capace, perché solo così li posso fare miei e proporli agli altri. Quest'inno mi è stato un po' difficile da rendere in un metro diverso dall'endecasillabo, perché avrei perso troppo della densità e della bellezza originarie. Forse, col tempo, riuscirò a elaborare più compiutamente il testo, magari in novenari, i versi che a me paiono i più adatti a questo lavoro. Del resto, alle volte mi vien fatto di assimilare la traduzione alla digestione: è come digerire il testo e, se l'operazione è laboriosa, ci sta che si debba passare attraverso molteplici fasi compositive prima di giungere al risultato definitivo. Beh, già così mi pare che sia abbastanza musicale e musicabile. Lascerò sedimentare e, quando riuscirò, ne proporrò ancora traduzioni diverse. Per il momento, onoro così i nostri santi Apostoli Filippo e Giacomo.
Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagini: San Filippo, Rubens, Museo del Prado, 1611; Santiago il Minore, El Greco, Museo delle Arti di Asturias, 1590
Le tue merabiiose composizioni fanno bene allo spirito. La tua religiosità è dolcissima.
RispondiEliminaPenso che tutto nell'uomo, in fondo, rimandi a un'unica, grande vocazione, quella di rendere testimonianza che c'è dentro e fuori di noi qualche cosa di più grande. Ecco,per chi, come noi, ama scrivere, riconoscere questo significa capire che non vi è confine tra il sacro e il profano, tra il corpo e lo spirito, tra il terreno e il celeste, perché tutto è contemporaneamente nell'aldiquà e nell'aldilà. Nell'infinitamente grande sta l'infinitamente piccolo e viceversa. A noi è stato dato il dono di scrivere e far versi e quindi non possiamo sottrarci a questo compito, il compito dico di sentirsi docili fibre dell'universo, per parafrasare Ungaretti, che poi tornerà al cristianesimo. Per questo dicevo prima, carissima Marisa, che scrivere è una vocazione, perché proprio da lì emerge chi siamo e quello per cui siamo stati creati.
RispondiElimina