d’oro a est, nella Colchide sognata,
Giasone è forte, coraggioso, bello,
non teme quella sfida prospettata
per ingannarlo: va, compie ogni gesto
vince le insidie della spedizione,
supera ogni nemico, anche funesto,
con la sua forza e determinazione,
con l’aiuto incantato di chi l’ama,
Medea, figlia del re dei Colchi, Eeta,
maga spietata, ma che inganna e trama
per l’amore che ha in sé e la rende inquieta.
Giasone ha conquistato il suo tesoro,
come Pelia gli aveva comandato,
il manto dell’ariete, il vello d’oro,
sconfiggendo i nemici che ha incontrato:
nulla è più come prima, più lo stesso,
nulla adesso è impossibile tra rive
così lontane, ma vicine adesso
tra gli azzurri sentieri, per chi vive
di là dal ponte instabile delle onde,
perché ora tutti sono ormai rivali
tra quelle rive, le terrestri sponde,
su cui nascono guerre, insidie, mali,
triste sorte degli uomini, destino
nato da quella nave, nato da Argo
che un giorno aveva preso il suo cammino
oltre la linea d’ombra andando al largo,
andando per il pelago, l’ignoto
abisso al soffio di propizi venti,
col cuore saldo, senza crolli, immoto,
padrone di se stesso e degli eventi,
finché anche la sua sorte andrà in frantumi,
perché tale degli uomini è la sorte,
quando l’io sconfinato li consumi,
d’andare incontro impavidi alla morte.
Eppure, dopo quel primo viaggio per mare, dopo la mitica spedizione degli Argonauti, tutto è cambiato, tutto è mutato: l'uomo adesso è divenuto eroe navigatore e la via ad altre e più sanguinarie spedizioni è aperta. Dopo è l'epoca della guerra di Troia, a cui anche alcuni discendenti dell'equipaggio della nave Argo, come Achille piè veloce, figlio di Peleo, e l'astuto Odisseo, figlio di Laerte, re di Itaca, prendono parte, gli uomini sono diventati da navigatori a guerrieri e si trasformeranno in vincitori e vinti.
Anche una donna partecipa alla spedizione degli Argonauti, Atalanta, imbattibile nella corsa, fino tuttavia al momento in cui non dovrà scontrarsi con la propria natura femminile e si innamorerà di Ippomene. Un'altra donna è comprimaria nell'azione di Giasone in Colchide, Medea, figlia di Eeta, re dei Colchi, strega spietata e innamorata dello straniero, che aiuta con le sua arti magiche. Così Giasone può vincere e tornare a Iolco, la città del padre che era stata usurpata dallo zio Pelia e riconquistarne il trono. Anche di queste e delle donne che compaiono negli altri grandi poemi epici classici abbiamo parlato ieri al Giardino poetico. Ma questo è un altro campo, molto vasto, quello del ruolo della donna nel mito, che riflette la condizione della donna nel mondo antico.
La via è tracciata: il limite è stato superato e altri limiti lo saranno, perché la vita degli uomini altro non è che un viaggio, un eterno cammino di soglia in soglia. Dal mondo antico e dai suoi miti si generano altre storie e altri miti ed è ciò che andremo a raccontare nella nostra prossima tappa del Giardino poetico, il 13 e 14 luglio, quando Dante racconta di sé e di un Ulisse molto particolare, l'eroe indomito e incapace di domare il suo desiderio di conoscenza. E ancora seguiremo le tracce di Marco Polo nel suo viaggio verso Oriente, verso una terra incognita e inconoscibile, il regno di mezzo, la Cina. Ma questi sono i classici, sono l'attualità di sempre, di noi uomini e donne del Terzo Millennio.
Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagini: Giasone porta a Pelia il vello d'oro; la vittoria alata si accinge a incoronarlo con l'alloro. Parete di un vaso rinvenuto in Puglia. Datato 240-330 circa a.C.; il Giardino poetico del 30 giugno 2018 (foto di AF)
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