giovedì 24 maggio 2018

Inno ad Afrodite

fr. 1
Te, immortale Afrodite, dal bel trono,
figlia di Zeus, che ordisci inganni, prego:
con ansie e con angosce non fiaccarmi,
signora, il cuore,

ma qui vieni, se un tempo la mia voce
udita di lontano mi esaudisti;
lasciando la paterna casa d’oro,
venisti sul tuo

carro aggiogato: bei passeri svelti
ti portavano sulla nera terra
fitte battendo le ali giù dal cielo
in mezzo all’aria;

arrivarono in fretta, e tu, beata,
sorridendo nel tuo volto immortale,
chiedesti che di nuovo io mai patissi,
perché di nuovo

chiamassi, che mai dentro il cuore folle
soprattutto bramassi: «Chi di nuovo…
persuaderò al tuo amore, chi, o
Saffo, ti offende?

Se infatti fugge, lei inseguirà presto,
se doni non accetta, ne darà anzi,
e se non ama, lei amerà presto,
pur contro voglia».

Anche ora vieni a me, sciogli i tormenti
Penosi e compi quanto il cuore brama
Che si compia per me, e sii tu proprio
la mia alleata.


ποικιλόθρον' ἀθανάτ' Αφρόδιτα,
παῖ Δίος δολόπλοκε, λίσσομαί σε,
μή μ' ἄσαισι μηδ' ὀνίαισι δάμνα,
πότνια, θῦμον,

ἀλλὰ τυίδ' ἔλθ', αἴ ποτα κἀτέρωτα
τὰς ἔμας αὔδας ἀίοισα πήλοι
ἔκλυες, πάτρος δὲ δόμον λίποισα
χρύσιον ἦλθες

ἄρμ' ὐπασδεύξαισα, κάλοι δέ σ' ἆγον
ὤκεες στροῦθοι περὶ γᾶς μελαίνας
πύπνα δίννεντες πτέρ' ἀπ' ὠράνωἴθε-
ρος διὰ μέσσω.

αἶψα δ' ἐξίκοντο, σὺ δ', ὦ μάκαιρα,
μειδιαίσαισ' ἀθανάτωι προσώπωι
ἤρε' ὄττι δηὖτε πέπονθα κὤττι
δηὖτε κάλημμι

κὤττι μοι μάλιστα θέλω γένεσθαι
μαινόλαι θύμωι. τίνα δηὖτε πείθω
ἄψ σ' ἄγην ἐς σὰν φιλότατα;τίς σ', ὦ
Ψάπφ', ἀδικήει;

καὶ γὰρ αἰ φεύγει, ταχέως διώξει,
αἰ δὲ δῶρα μὴ δέκετ',ἀλλὰ δώσει,
αἰ δὲ μὴ φίλει, ταχέως φιλήσει
κωὐκ ἐθέλοισα.

ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλέπαν δὲ λῦσον
ἐκ μερίμναν, ὄσσα δέ μοι τέλεσσαι
θῦμος ἰμέρρει, τέλεσον,σὺ δ' αὔτα
σύμμαχος ἔσσο.


Così, su due piedi, proprio non saprei dire quanto io ci abbia lavorato alla traduzione di questo frammento, anche perché è il primo letto a scuola, in seconda liceo, quando si cominciano a studiare i frammenti dei lirici greci. Ed è pure il primo delle edizioni, visto che è l'unica ode completa di questa sublime poetessa, salvatosi miracolosamente dall'oblio dei millenni, dal naufragio di gran parte della letteratura greca. Dionigi di Alicarnasso ce lo conserva nel "De compositione verborum", opera che ho anche approfondito, quando frequentavo temporibus illis il corso di grammatica greca. Insomma, è un pezzo che medito su questi versi e adesso, rileggendoli, ho trovato diversi punti che farei in modo del tutto diverso, anche se ormai il dado è tratto, visto che il testo è pubblicato dalla Rusconi. A dir la verità, non ci speravo più, perché dal 2006 avevamo perso le tracce dell'editore, finché non siamo stati ricontattati. E uso il plurale, perché se io ho fatto la traduzione dei frammenti veri di Saffo, Camillo Neri, che insegna all'università di Bologna, ha curato tutto il resto (introduzione, commento e testimonianze). Oh, se devo essere sincero, io mi sono tenuto la parte più bella, quella della poesia veramente di Saffo; ma lo dico piano, sotto voce, perché nessuno mi senta. Del resto, in quest'ode si canta l'amore, si canta l'invocazione ad Afrodite, immortale figlia di Zeus che è capace d'intrecciare inganni, come i nodi dell'amore che legano indissolubilmente chi ama e chi è riamato. Ecco, prima dicevo che in alcuni punti cambierei tutto, ma un punto solo vorrei proprio rivedere, ed è quando traduco: "venisti sul tuo". In quel punto avrei dovuto usare un quinario, come in tutti gli altri punti. Oh, a dir la verità, anche qui lo è, perché lo voglio far leggere "venisti sùltuo" e così il vero valore è ripristinato. Stravolgere tutto il testo, così bello, con la sua invocazione, con l'ombelico - per usare un termine tecnico - in cui la poetessa ricorda i meriti passati e i pregressi interventi della dea in suo favore, per chiudere con il caso particolare di una ragazza riottosa che disdegna l'amore di Saffo... insomma, ogni tanto si vorrebbe l'aiuto divino per un caso disperato. Eh già, prima o poi dovrò fare pure Alceo: questo è un nodo che mi faccio al fazzoletto, perché l'altro grande poeta eolico, di Lesbo come Saffo, è proprio Alceo. E pensare che, nella mia ingenuità di liceale, avrei voluto laurearmi con una tesi su Saffo, perché Alceo era stato l'oggetto della tesi di laurea di Pascoli... già, Pascoli, il mio poeta preferito. Ma questa è un'altra storia.

Copyright (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Particolare dell'anfora del IV secolo a.C. (opera del cosiddetto "Pittore di Afrodite") conservata al Museo archeologico di Paestum. Wikipedia

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