Lo stolto, quando accade che stia zitto,
in nulla differisce dal sapiente:
mostrano lingua e voce che egli è stolto.
Dunque tenga ben
chiuse le sue labbra,
segni il proprio
silenzio con il dito
e divenga un
Arpocrate di Paro.
Casalecchio di
Reno (Bologna), 13 agosto 2018
Non
so perché, ma oggi mi è tornato in mente questo famoso Emblema
di Alciato. Già m’occupai in parte di Andrea Alciato (1492-1550) anni fa e mi
piacerebbe moltissimo riprenderlo prima o poi, tradurlo tutto come Dio comanda
e commentarlo a fondo. Chissà, non è poi detta l’ultima parola. Avevo anche sostenuto
in un bell’articolo che, pur non essendoci una filiazione diretta, il distico
elegiaco per funzione e uso potrebbe essere assimilato alla terzina dantesca.
Qui non ho indugiato troppo sulle rime, nella mia traduzione dico, perché
volevo rendere al meglio l’epigramma, ma anche su questo dovrò poi ritornare. L’epigramma
dell’Emblema XI dice così:
IN SILENTIUM
Cùm tacet, haud quicquam differt sapientibus amens:
Stulticiae est index linguaque voxque suae:
Ergo premat labias, digitoque silentia signet,
Et sese Pharium vertat in Harpocratem.
Su chi sia Arpocrate è presto
detto: era un dio egizio, che s’identificava con Horus fanciullo, figlio di
Iside e di Osiride. Veniva spesso rappresentato come un bambino in braccio alla
madre (o anche in piedi) nell’atto di portarsi un dito alla bocca. Insomma, un
simbolo vero e proprio del silenzio, che è una virtù. Il buon Oscar Wilde
avrebbe detto che, alle volte, è meglio tacere e sembrare stupidi piuttosto che
parlare e togliere ogni dubbio. Insomma, tanto per riportare quel che ogni
tanto si sente dire in giro, «un bel tacer non fu mai scritto». A ogni modo,
non ho ancora capito perché oggi mi sia tornato in mente quest’epigramma…
meglio tacersi allora.
Copyright
(C) Federico Cinti 2018
Immagine: http://www.emblems.arts.gla.ac.uk/alciato/emblem.php?id=A21a011
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