e i miei pochi strumenti del mestiere,
il mio bastone, il mio cappello, il mio
netbook e poco più, e da sedere
o passeggiando impavido, do avvio
alle lezioni, quasi mai leggere,
ma con aria saputa il tutto spio
cercando di capire e di vedere
cosa agiti la classe in quel momento,
senza astenermi mai, o quasi mai,
dal fare una battuta o un mio commento,
e di tutti, più o meno, so oramai
l’ingegno, la virtù, il temperamento,
i disagi, le angosce, i drammi, i guai.
Casalecchio di Reno (Bologna), 5 maggio 2013
Non so mai gli studenti come mi vedano o che cosa pensino di me e, in verità, non è poi nemmeno così importante: ciascuno di noi ha il suo ruolo nella vita. A me è toccato quello del docente di liceo. Ho provato a guardarmi dall'esterno, ma è molto difficile decentrare il proprio punto di vista, anche se so che è un esercizio molto utile. Di solito mi riesce molto più facile ritrarre gli altri ed è questo il motivo per cui, alla fine di ogni quinta, provo a regalare un ritratto in versi agli studenti: in questo modo, ognuno ha un ricordo di sé, degli altri e pure di me. Quell'anno, ed era il 2013, siccome la classe mi piaceva particolarmente (una delle migliori che ho avuto, oserei quasi dire), tentai anche un mio ritratto, che ripropongo adesso. Mi rileggo e mi rivedo: non sono cambiato molto. Del resto, come diceva già il buon Seneca, a scuola andiamo tutti per imparare e per insegnare ("Mutuo ista fiunt, et homines dum docent discunt", Seneca, "Epistulae morales ad Lucilium", I, 7, 8).
Copyright (C) Federico Cinti 2017
Foto di E.L.
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