Non do giudizi: io registro eventi,
E trasfiguro nella fantasia
La gente con i suoi comportamenti
In rime, in versi, e strofe di poesia;
Io scruto e annoto i fatti più evidenti,
Le cose che succedono per via;
Parlo dei buoni, parlo dei fetenti,
E su di loro dico anch’io la mia.
Ci vuole molta, molta osservazione
Per conoscere come si conviene,
E veramente, tutte le persone,
E, infine, il risultato che s’ottiene,
Con questo alto esercizio di ragione,
È donare a sé stessi, e agli altri, il bene.
Casalecchio di Reno (Bologna), 22 dicembre 2017
E trasfiguro nella fantasia
La gente con i suoi comportamenti
In rime, in versi, e strofe di poesia;
Le cose che succedono per via;
Parlo dei buoni, parlo dei fetenti,
E su di loro dico anch’io la mia.
Per conoscere come si conviene,
E veramente, tutte le persone,
E, infine, il risultato che s’ottiene,
Con questo alto esercizio di ragione,
È donare a sé stessi, e agli altri, il bene.
Casalecchio di Reno (Bologna), 22 dicembre 2017
Più o meno andò così,
che nel 2010 avevo scritto un libretto per gli studenti della mia prima quinta,
che poi erano due classi e quindi anche i libretti furono due. Una collega,
molto arguta, mi fece: «Adesso che hai fatto gli studenti, devi fare anche i
docenti». Un compito arduo, non c’è che dire; ma poi perché solo i docenti? Mi
venne voglia di ritrarre tutte le tipologie umane o, se non tutte, almeno
quelle che più mi colpivano e che avevo conosciuto. Non m’interessava certo la
singola persona e quindi trovai naturale trasferire il dato reale su un piano più
ideale, da una dimensione particolare a una generale. Pensai ipso facto a un bel bestiario, come
quelli medievali, in cui l’animale possedeva vizi e virtù in tutto simili a
quelle umane. Non ambivo certo a una pubblicazione: pensavo piuttosto a un
gioco tra amici, quando qualcuno, un amico più degli altri, quasi mi obbligò nel
2013 a cercare un editore, che poi fu Paolo Emilio Persiani di Bologna.
Con mia incredibile sorpresa,
Gino Ruozzi, ordinario di letteratura italiana all’università di Bologna, mi
recensì sul “Sole 24 ore” del 11 agosto 2013, a soli quattro mesi dall’uscita
del magnifico libello. Certo, il «candido Gino», come
leopardianamente lo chiamo io, «esperto in forme brevi in forma breve» come
dice lui, mise in luce alcune qualità di cui io nemmeno mi ero accorto. Ma è
noto che l’autore è sempre un altro e quindi non ci feci nemmeno caso.
A distanza di anni
posso affermare che vorrei rivedere, riscrivere, ampliare quel lavoro, anche
perché poi nel frattempo ho continuato a prodigarmi, certo non in modo assiduo
e sistematico, ma forse con più acribia. Oh, si potrebbe continuare a far finta
di comporre lapidi… ecco, un bel
lapidario potrebbe essere l’idea.
Copyright testi e foto (C) Federico Cinti 2017
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