Non dà baci, dà nettare Neera,
dà all’anima fragranze rugiadose,
dà nardo e timo assieme a cinnamomo,
e miele quale colgono le api
sull’Imetto o tra rose di cecropia,
e qua e là cinto da virginee cere
proteggono di vimini in un cesto.
Se molti me ne dai da divorare,
subito in essi diverrò immortale,
e degli immensi dèi godrò il banchetto.
Ma risparmia, risparmia un tale dono,
o fa’ che tu con me sia, Neera, dea!
Mense di dèi senza di te non voglio,
neppure se dee e dèi, escluso Giove,
mi fanno re dei rutilanti regni.
Casalecchio di Reno (Bologna), 18 agosto 2017
Basium 4
Non dat basia, dat Neaera nectar,
dat rores animae suaveolentes,
dat nardumque, thymumque, cinnamumque,
et mel, quale iugis legunt Hymetti,
aut in Cecropiis apes rosetis,
atque hinc virgineis et inde ceris
saeptum vimineo tegunt quasillo.
Quae si multa mihi voranda dentur,
immortalis in iis repente fiam,
magnorumque epulis fruar deorum.
Sed tu munere parce, parce tali,
aut mecum dea fac, Neaera, fias:
non mensas sine te volo deorum:
non si me rutilis praeesse regnis,
excluso Iove, di deaeque cogant.
So che non si dovrebbe fare, ma ogni tanto scivolo nella
tentazione di rileggere i miei lavori, in particolare le mie traduzioni. Non si
dovrebbe fare, perché tradurre è come guardare lo specchio: chi si riflette
cambia costantemente, lo specchio resta sempre uguale.
Insomma, mi è venuta voglia, dopo la recente uscita della
mia Saffo, di ripescare le versioni poetiche che avevo approntato nel 2003 in
preparazione di una pubblicazione per il convegno internazionale sul
petrarchismo europeo (nel 2004 ricorreva, infatti, il settimo centenario della
nascita di Francesco Petrarca). Avevo preparato con grande zelo la sezione dei
poeti neolatini italiani ed europei per l'antologia, pubblicata dalla Rizzoli
di Milano, dal titolo Petrarchisti
europei del cinquecento (a cura di Anselmi, Forni, Elam e Monda), e ne ero
anche molto soddisfatto.
Ecco, in particolare, sono andato a cercare alcuni testi dei
Basia di Jan Second Everaerts
(Secundus, 1511-1536), perché straordinariamente legati ai mille baci del mio
Catullo… Una delusione così non la provavo da tempo: mi sembrava di leggere la
traduzione d’un altro. Poi ho realizzato che, effettivamente, nel 2003 ero davvero
un altro e non ho potuto fare a meno di rifare la traduzione di questo mirabile
poeta olandese, morto giovanissimo. Intendiamoci: quel che avevo fatto allora
andava benissimo, non vi erano errori di sorta. Ma io, quell’io di allora, non
la riconoscevo più come mia. Ho sentito quindi la necessità di rifarla per
liberarmi come di un peso insopportabile. Magari, prossimamente, proporrò altri
Basia di Secundus e – perché no? –
anche di altri poeti neolatini.
Copyright (C) Federico Cinti 2017
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