sospeso tra le case, tra la gente,
in una corsa senza più ritorno
sotto un gelido sole indifferente:
le mie parole nude, come chiodi,
staranno fitte nella mia memoria
a rivedere volti, gesti, modi
di chi senza saperlo fa la storia.
Casalecchio di Reno (Bologna), 16 dicembre 2017
Ho parlato lungamente assieme all'amico Nicodemo mele, che nel 1990 e negli anni successivi seguì personalmente la vicenda tragica del Salvemini, relativamente al ruolo della memoria. La sua attività di giornalista e di cronista lo pone costantemente di fronte alla responsabilità della testimonianza, anche se oggi paradossalmente tutto è più efimero, più superficiale, più sfuggente, per l'ossessione di un "hic et nunc" globalizzante che macina il passato senza dargli quasi dimensione. Conservare la memoria è il fondamento del vivere civile, del nostro essere qui e non altrove, nel nostro tempo e pure proiettati nel domani. Ma mi ha colpito nel dialogo con Nicodemo soprattutto questa sua richiesta, se ritenessi giusto elaborare in forma artistica la memoria, soprattutto nei più giovani, cui si dovrà passare il testimone reale e ideale. Mi è sovvenuto quel che si diceva a scuola, nel vetusto, trito e ritrito liceo classico: Mnemosine, la dea della memoria, è madre delle Muse. Ho capito forse solo ora che, anche grazie a una poesia, una canzone, o a qualsiasi altra forma artistica, possiamo contribuire alla costruzione di una coscienza comune.
Da Il Resto del Carlino, 16/12/2017
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