mercoledì 24 gennaio 2018

L infiné

Sänper chèra la m fó sta mî culéṅna
sulitèria e sta zè che da gran pèrt
la tôl la véssta dl ûltum uriżånt.
Mo a sêder e a guardèr interminâbil
spâzi là d là da qualla e sovrumàn
silänzi e pò una pèṡ dimónndi fånnda
am fag int al pinsîr, e pôc ai manca
ch’al côr as ciapa pòra. E apanna al vänt
a sént sfrusièr in mèż a ste brucâm,
cal silänzi infiné mé a sta våuṡ qué
a sån drî a cunfruntèr: e a päns intànt
al etêrn e ai dé andè e al preṡänt e vîv
e l armåur ch’l é al sô. Acsé in sta fâta
immensitè al s anîga al mî pinsîr:
e in ste mèr al m é dåulz andèr a fånnd.


Giacomo Leopardi, traduzione di Federico Cinti


L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi


Ma come suonerà "L'infinito" di Leopardi in bolognese? Era la domanda, questa, che mi ponevo da tempo, anche prima che con Federico Galloni e Francesco Pieri ci mettessimo a lavorare al "Parnaso bulgnaiṡ" (Bologna, Pendragon, 2015), la bella antologia di poesie tradotte in puro dialetto petroniano. Sì, lo so, so già che ho parlato diverse volte e in diverse sedi di questo magnifico libretto; quello che, però, non ho detto è che voglio proporre una mia versione del capolavoro del recanatese, visto che nel "Parnaso" c'è quella di Francesco Pieri. Lo ammetto, avrei voluto farlo tutto io, il florilegio di cui sopra dico, e quindi adesso mi riprendo un po' gli spazi che mi sarebbe piaciuto avere. Del resto, che Leopardi sia stato a Bologna per più d'un anno è cosa nota, dal 29 settembre 1825 al 3 novembre 1826. Insomma, questo benedetto "Infinito" avrebbe senza dubbio potuto suonare così, come l'ho tradotto e letto io. 
Con il supporto tecnico-logistico di un mio studente, Carlo, che aveva preso a prestito lo smartphone di una sua compagna di classe, Elena, dato che il mio, non so perché, non ne vuole sapere di fare video decenti, sono riuscito a confezionare un prodotto degno perlomeno di essere ascoltato e, spero, gustato. D'altronde, un bel Leopardi in bolognese è oggi merce molto rara. Ho già proposto Catullo e Dante, adesso è la volta del conte Giacomo Leopardi. Una prossima volta, se non sono troppo stucchevole, vorrei che toccasse a Carducci, al suo bel "Pianto antico", che non è altro poi se non "Zîg antîg". Si può proprio dire che da Bologna è passato, e continua a passare, tutto il mondo.

Copyright testi e video (C) Federico Cinti 2018
Immagine: Leopardi, Giacomo (1798-1837) - ritr. A Ferrazzi, Recanati, casa Leopardi, Wikipedia

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